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E quando attraversò il ponte, i fantasmi gli andarono incontro

MATERIA PRIMA
Ascoltare il disagio di chi cura

Numero XXI - Dicembre 2021 - Anno XI

«E quando attraversò il ponte, i fantasmi gli andarono incontro».
Una lettura ecobiopsicologica del film Nosferatu il vampiro di Friedrich Wilhelm Murnau

di Sara Carretta
abstract a cura di Elisa Di Pierro

 

L’articolo propone una lettura ecobiopsicologica del film Nosferatu di Wilhelm Murnau, pellicola complessa che riflette in modo perturbante le inquietudini della Germania appena uscita dagli eventi della prima guerra mondiale e che suggestivamente richiama la dimensione d’Ombra tragicamente non riconosciuta nella pandemia da Covid-19. Se tentassimo di spiegare gli avvenimenti inerenti tale fenomeno collettivo, avvalendoci prevalentemente di un pensiero razionale con visione deterministico-meccanicistica, ripercorreremmo un’operazione frammentata; essenziale diviene dar spazio all’osservazione e allo studio degli aspetti qualitativi dei fenomeni, con lo scopo di recuperare la realtà del mondo nella sua complessità. L’Ecobiopsicologia, disciplina delle scienze della complessità, prospetta una visione del mondo che si propone di collegare i livelli personale, sociale, collettivo e spirituale in un modello il più possibile coerente, per una psicologia capace di indagare l’ordine soggiacente al caos. Tale scienza approfondisce la concettualizzazione junghiana dell’inconscio collettivo con quello di archetipo, principio d’ordine sovrasensibile che presiede alle cose, con vasta portata in-formativa. Rintracciare l’archetipo, di per sé inconoscibile, nelle relazioni che intrattiene con la coscienza collettiva permette di osservare alcune possibili conseguenze e delineare letture dei fenomeni con un respiro più ampio, anziché logico-causalistico. La clinica ci porta a confrontarci con quanto veicolato dalla pandemia, con la necessità di una presa di coscienza di aspetti oscuri presenti, ma nascosti agli occhi. In cosa potrebbe consistere questa esperienza simbolica collettiva e quale potrebbe essere, in questi nostri tempi così densi di significati inesplorati, il simbolo evocativo della pandemia? Come nel racconto La Maschera della Morte Rossa, l’arrivo della peste è presentata come uno straniero mascherato che sopraggiunge al castello del principe Prospero durante una festa godereccia, così il Coronavirus è lo Straniero sopraggiunto nelle nostre vite provocando sconcerto, paura, orrore. L’opulenta festa del Principe sembra riecheggiare le nostre società occidentali che immerse nell’abbondanza si disperdono in investimenti fatui, e di fronte allo scossone ricevuto si disgregano. Importante è trasformare il “percepito” in “riconosciuto”, perché riconoscere implica un’operazione più profonda che va a toccare le radici stesse della consapevolezza, per guardare con gli occhi del simbolo, che dischiude quelli dell’anima. Gli interventi posti in essere per affrontare l’epidemia sono troppo spesso parziali, riduzionisti, in un’ottica di causa-effetto e in una dimensione in cui i rimedi non sono riconosciuti ma solo visti e ci si orienta su una sola tipologia di terapia: la vaccinazione. Ma che cosa ci vaccina per l’anima? Accanto al covid vi è una dimensione virale invisibile fatta di idee parassite, distruttive e perniciose, che ci allontanano dal vero senso della nostra essenza personale, contribuendo ad agitare e minare quella collettiva. Senza che vi sia un legame d’anima che riunisca i molteplici aspetti che riguardano l’umana esistenza, rimane una dimensione di angosce non risolte. L’approccio ecobiopsicologico sollecita un’interpretazione ad ampio spettro dei fenomeni che riguardano l’esperienza vitale dell’uomo, aprendo ad una visione più profonda e mettendo insieme aspetti apparentemente separati. Il riconoscimento dello Straniero-pandemia diventa un’operazione che coinvolge l’anima non solo personale, ma collettiva. La trasformazione in senso evolutivo dell’anima collettiva, dunque, può avvenire ravvivando e riconnettendo una lettura di tipo analogico-simbolico degli eventi, che integra una dimensione più sottile a ciò che gli occhi vedono. Solo così possiamo scorgere l’impensabile e riconoscere l’infinito che sta dietro questo tipo di pandemia. La figura del vampiro nel film, può essere letta come una raffigurazione archetipica dell’Ombra, che si nutre dell’energia vitale dei corpi viventi, e con cui il regista veicola la propria feroce critica alla società tedesca ed alle classi benestanti e borghesi che si stavano allora imponendo in Europa. La strategia narrativa di Murnau parrebbe sottolineare che il popolo tedesco, invece di difendersi attivamente contro il male che andava delineandosi, rimase inane e immobile, afflitto dalla miseria in cui si trovava, passivo e incapace di svegliarsi dai propri incubi, dei quali divenne preda (Koebner, 2003). Il finale del film apre a una soluzione possibile: ciò che viene fatto con e per amore diviene vivo e “virtuosamente contagioso”. Dedicarsi alla comprensione del messaggio archetipico che si declina nell’esperienza psichica collettiva è la chiave che permette all’umanità di traghettarsi oltre l’arido determinismo e ritrovare una connessione autentica con la rete vitale che la circonda; dare voce a ciò significa comprendere che tutto quanto ci riguarda, inclusi gli eventi più drammatici.

>>> Leggi l’articolo completo qui pp. 117-124 <<<

AUTRICI: Sara Carretta – Psicologa, Psicoterapeuta ANEB e in formazione continua presso la Scuola di Supervisione dell’Istituto ANEB. Curatrice area social ANEB e collaboratrice della rivista MATERIA PRIMA.

Abstract a cura di Dr.ssa Elisa Di Pierro – Psicologa e Psicoterapeuta ANEB. Terapeuta Practitioner EMDR. Cofondatrice e Terapeuta del Centro Integrato Psiche&Corpo a Varese. Collaboratrice della rivista MATERIA PRIMA.

References

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Immagine
Nosferatu il Vampiro, regia di Friedrich Wilhelm Murnau, Prana-Film, 1922