Il “Tabernacolo” del femminile
di Paola Fereoli
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Creazione e generazione sono il tessuto archetipico e la premessa che mi hanno guidata nell’introdurre il racconto della storia clinica di Alice in cui lo sguardo terapeutico si è orientato alla vita intrauterina ed alla trama intergenerazionale di cui la paziente è divenuta inconsapevole depositaria. Il lavoro di riconnessione della trama relazionale si è esteso oltre le rappresentazioni derivate dall’esperienza con il caregiver permettendo di confrontare la gestazione, quale periodo in cui la donna si fa “Tabernacolo” del femminile, non solo con il senso che assume un figlio fisico nella propria vita ma anche di aprirsi ad una riflessione cosciente finalizzata a recuperare il senso profondo che quel figlio riveste per la propria anima.
Alice, è una giovane donna che in prima battuta ha domandato di poter “stare meglio con le abbuffate e le emozioni” ma la sua richiesta condensava un mondo ben più esteso, teso tra l’essere divenuta madre da poco e l’essere figlia di una madre affetta dal morbo di Alzheimer esordito alcuni anni prima e aggravatosi proprio durante in periodo in cui la paziente si trovava in gravidanza. Fin da quel primo incontro, sono rimasta colpita dall’enfasi posta da Alice sull’arrivo della figlioletta come primogenita di tutta la famiglia di origine e, al contempo, dall’esaltazione della sua stessa nascita come una sorta di dono, come le diceva sempre la madre. Le sue parole hanno risuonato in me come un racconto idealizzato la cui eco pareva provenire da lontano. Ma da dove? In quale luogo della sua storia?
Nel corso della terapia ho cercato di risignificare, insieme ad Alice, il racconto della sua vita sin dal periodo della gestazione, in una tessitura che cum-prenda le sue vicissitudini come anima nascente che incontra un mondo fatto di corpo (aspetto biologico), sentimenti ed emozioni di cui l’utero si impregna (aspetto psicologico) ed un ambiente storico, famigliare e filogenetico (aspetto ecologico) che contribuisce a darle una forma pregna e rispecchiante l’Anima Mundi.
Lo sguardo ecobiopsicologico ha permesso di cogliere al meglio l’importanza e l’impatto della vita intrauterina nel dispiegarsi dei sintomi manifestati nel corso della sua vita, non solo ad opera di traumi concreti, anche in riferimento alle emozioni e alle fantasie inconsce vissute dalla madre durante il periodo della gestazione. Ciò si è reso possibile concertando le dimensioni dell’ultravioletto e dell’infrarosso: il grembo materno quale luogo simbolico dalla cui oscurità fecondante si schiude il sacro moto della vita e al contempo quale luogo concreto in cui si compie il continuo scambio reciproco tra la materia e lo spirito, tra la nuova vita e l’ambiente materno in cui si realizza quel “vivere insieme” che preludere l’attaccamento. Diviene dunque fondamentale soffermarsi non soltanto sulla storia di vita ed i rapporti interpersonali, ma tenere aperto lo sguardo sulla vita intrauterina finanche ad accogliere ed estendere il lavoro analitico alle reti di relazioni che includono gli aspetti archetipici in azione in quel momento.
Nella relazione con Alice si è attivato in me un sentire sottile legato alla funzione sentimento che, insieme al pensare proprio dell’osservazione, ha favorito l’emergere di un’immaginazione vivida, quale espressione degli aspetti transferali e controtransferali. In me si sono generate immagini che hanno orientato con curiosità al recupero della tessitura della storia transgenerazionale, nella chiarezza che l’idealizzazione del quadro familiare ha avuto la funzione di compensare insopportabili contenuti primari tanto precoci da essere dissociati nella memoria implicita della paziente. Nel rivolgere l’attenzione a questi aspetti e tollerando la tensione interna che il dialogo fra gli opposti esercita, mi sono interrogata anche sull’aspetto infrarosso del corpo, in particolare domandandomi: ci saranno, nella vita di Alice e della madre, sintomi o elementi sintomatici che alludono a possibili emozioni e fantasie rimaste inconsce?
Le dolorose verità, gradualmente riconnesse nel racconto della sua vita, hanno contribuito a decostruire l’idealizzazione portando a coscienza l’estrema ambivalenza, radicata nella vita fetale, tra il rifiuto e l’accettazione, vissuta innanzitutto in se stessa e di riflesso nelle relazioni affettive. Al contempo sono venute alla luce alcune qualità, del tutto intime, rivelatorie del lavorio di quell’intelligenza interiore che l’ha guidata nel suo personale cammino e l’ha accompagnata a varcare la soglia della terapia.
La nostra relazione prosegue attraverso lo spirito di ricerca di quelle connessioni fra le emozioni implicite, il sentimento, l’immagine e la parola che sollecitano la dimensione generativa e favoriscono il risveglio del dialogo con l’anima.
AUTRICE: Paola Fereoli – Psicologa e Psicoterapeuta specializzata presso l’Istituto ANEB, in formazione continua presso la Scuola di Supervisione dell’Istituto ANEB.
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