Intervista al Prof. Roberto Panzarani
a cura di Dr.ssa Alessandra Bracci*
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Dalla notte dei tempi l’essere umano ha sempre incontrato la dimensione della crisi avendo l’opportunità di attraversare quei “luoghi” che gli studiosi della scienza della complessità definiscono “ai margini del Chaos” potendo affinare sempre più la propria capacità di vivere in una sorta di “equilibrio dinamico”. Non si tratta, infatti, di scegliere fra ordine e disordine, non si tratta di scegliere fra il caos e la distruzione da un lato o la stabilità e prevedibilità dall’altro, quanto piuttosto di operare secondo le leggi di Natura. L’“orlo del caos” è il territorio della Vita sempre in bilico fra troppo ordine e troppo disordine, fra distruzione e creazione, è un’area rischiosa, ma è anche l’area dell’innovazione.
La “turbolenza” del mondo attuale, con le sue caratteristiche di imprevedibilità e incontrollabilità, riguarda anche l’ambito delle organizzazioni economiche - recenti protagoniste della scena globale e della rivoluzione infrastrutturale, tecnologica, informatica, telematica - che negli ultimi anni hanno sentito spesso parlare di VUCA un acronimo (Volatile, Uncertain, Complex, Ambiguous, traducibili in italiano con Volatilità, Incertezza, Complessità e Ambiguità) atto ad indicare un ambiente a complessità crescente che la leadership organizzativa è chiamata a comprendere in profondità, potendo innanzitutto divenire consapevole del significato stesso di leadership che a partire dalla sua radice indoeuropea leith ricorda la capacità di “superare il confine”, di “oltrepassare la soglia” per accedere ad una rinnovata lettura del flusso della vita entro il quale l’uomo è costantemente immerso. Affinché dal disordine rinasca un ordine rinnovato, occorre andare oltre le resistenze che vengono opposte, individuare l’insieme di convinzioni che detengono incontrastate un ruolo dominante per dare spazio al “nuovo” che emerge e che rappresenta la vera natura dell’uomo nonché tutta la complessità della natura stessa. Ed è proprio nel momento in cui la dimensione organizzativa passa da uno stato di inadeguatezza, disagio, confusione, incertezza, dubbio ad un nuovo ordine e a nuovi comportamenti, che incontriamo il Prof. Roberto Panzarani docente di "Governo dell’innovazione tecnologica" presso la facoltà di Economia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e di "Innovation Management" presso il CRIE, Centro de Referencia em Inteligencia Empresarial alla UFRJ, Federal University di Rio de Janeiro. Autore di svariate pubblicazioni, viaggia per il mondo, accompagnando le aziende italiane nei principali luoghi dell’innovazione dalla Silicon alla Bangalore Valley, all’Electronic City di Tel Aviv, ai paesi emergenti del BRIC e del CIVETS. Inoltre, è Presidente dello Studio Panzarani & Associates che ha fra le sue attività principali quella di gestire “The Innovation Network”, un think tank che racchiude alcuni dei massimi esperti di innovazione a livello internazionale e si propone come valido supporto per le aziende che riconoscono la necessità di affrontare gli attuali processi di cambiamento. Ha sede a Roma e a West Palm Beach presso Predictiv LLC, una delle società americane più prestigiose nell'ambito dell’Intangible Evaluation Services, fondata e diretta da Jonathan Low, autore del libro “Il Vantaggio Invisibile” con Pamela Cohen Kalafut.
Nel web sta circolando una bellissima frase: "Tutto ciò che ho vissuto nella mia vita mi ha preparato per questo momento", come questa affermazione è vera per lei? Qual è la domanda su cui si fonda il suo lavoro? Cosa c’è al cuore della sua ricerca?
Sì, penso che questo sia vero sempre e lo è per tutti. Si manifesta nella grandissima capacità di adattamento che gli esseri umani hanno e che si manifesta in tutte le situazioni anche quelle più terribili come quella che stiamo vivendo in questi giorni. Penso che sia positivo perché da una parte ci dà risorse per essere, come si dice oggi, “resilienti” e dall’altra c’è il rischio che non facciamo tutto il possibile per cambiare la situazione, per cambiare il framework, per essere innovativi e questo a volte ritarda la soluzione del problema, c’è quindi sempre bisogno, da questo punto di vista di qualcuno, soprattutto in situazioni come queste, che non accetti la situazione, che non si adatti e voglia dare una risposta al problema diversa dalla sola capacità di adattarsi.
Il mio lavoro è stato sempre nell’aiutare le organizzazioni ad essere innovative rispetto alla realtà. Nel dire che l’innovazione non è solo un fatto tecnico, un metodo rigido che determina il successo di una idea, di una intuizione, di una proposta, è piuttosto il frutto di un’attitudine mentale, di una predisposizione psicologica che va alimentata con la ricerca, il confronto, lo scambio di più punti di vista. Solo così riusciamo a creare un ambiente innovativo.
Considerando il Corona virus quale evento contemporaneamente individuale e collettivo, quale possibile sintesi diagnostica e di intervento è possibile esprimere tenendo conto delle due modalità comunicative, segnica (cioè legata alle modalità in cui tale virus circola nell’organismo) e simbolica (cioè legata alle alterazioni del codice simbolico, espressione dell’inconscio individuale e collettivo)?
Il Corona virus sta modificando profondamente le nostre vite, ma non sappiamo ancora quanto. Siamo troppo immersi nella dinamica che stiamo attraversando e la nostra energia al momento è quasi totalmente presa dalla priorità della salvaguardia della salute. Contemporaneamente non stiamo più gestendo la ridondanza comunicativa sul Corona virus, siamo bombardati da una serie di notizie e informazioni continue, spesso contraddittorie, spesso sbagliate, altre invece ottime e utili che facciamo fatica però a selezionare dalle altre. In sostanza siamo confusi. Si è persa la narrazione, le voci che ascoltiamo sono ormai una babele quotidiana. Stiamo, come società, gestendo l’improbabile e non siamo pronti per questo. Le conseguenze sono senz’altro il disagio personale e la difficoltà a diagnosticare il presente e ancor più il futuro. Abbiamo però memoria del passato e, al momento, ci aggrappiamo a quello anche per pensare il futuro, ma facciamo fatica ad avere un pensiero innovativo sul futuro.
Il Corona virus è una pandemia che va ben oltre una crisi sanitaria per quanto critica ed estesa a livello globale. È un pandemia che affonda le sue radici nel “riduzionismo” tipico dei nostri sistemi economici, politici, educativi che ignora i limiti della reale capacità biologica del nostro pianeta sfruttandone in modo prodigo e capriccioso le risorse vitali, mentre utilizza insufficientemente le capacità umane. Cosa ne pensa?
Si è molto parlato a ragione in questi giorni del tema della sostenibilità ambientale in relazione al Corona virus. Non sappiamo ancora l’origine di questo virus, proprio in questi giorni si sta discutendo se è stato uno spill over dal mondo animale a quello umano o una fuga da qualche laboratorio, forse lo scopriremo passata la fase più critica di questa situazione o forse non lo sapremo mai. Ma l’unica certezza che abbiamo è che nasce dalla nostra “insostenibilità” come comunità umana e in relazione alla natura che ci circonda. L’espansione di città enormi su terreni ancora abitati da una fauna naturale e la distruzione di ecosistemi millenari sono sicuramente la causa di questa situazione dove il paradigma di una crescita economica illimitata si scontra con evidenza con la realtà della terra che è limitata con confini e risorse ben definite. Come dice il grande biologo Edward Osborne Wilson, abbiamo colonizzato la biosfera e l’abbiamo devastata come nessuna specie nella storia della vita, in quello che abbiamo realizzato siamo unici, l’umanità è una conquista magnifica, ma fragile.
Albert Einstein raccontava che le nozioni di base che lo condussero alla formulazione della teoria della relatività erano emerse quando lui aveva immaginato di “viaggiare su un raggio di luce”. Qual è il ruolo dell’immaginazione nella creazione di nuovi scenari futuri?
L’immaginazione ha un ruolo importantissimo. È quella che nel mondo delle organizzazioni chiamiamo vision. Se uno parla con qualsiasi imprenditore vediamo che i suoi prodotti, i suoi servizi nascono sempre da un’idea magari non precisa non delineata, ma che poi assume concretezza. Mi viene da pensare alle tre fasi descritte da Robert Dilts quando parla del processo creativo di Walt Disney quella del sognatore, del realista e del critico. Nella prima il sognatore è chi vede con chiarezza nella propria mente dove verrà a collocarsi ogni pezzo del progetto. Nella seconda il realista è orientato alla realizzazione dell’obiettivo, ai passi concreti da realizzare, all’azione. La sua concentrazione è diretta al modo in cui portare a termine il progetto e quindi alle operazioni e alle procedure necessarie. Il critico infine ha il compito di valutare l’obiettivo e di cogliere le possibili implicazioni e problematiche collegate. Il critico vaglia attentamente, ma senza connotazioni negative, in quanto proteggerà l’idea e ne incoraggerà l’applicazione, anche di fronte alle difficoltà di organizzazione. Abbiamo quindi bisogno di tutte e tre le fasi per realizzare un progetto, fare un cambiamento, ma senza la prima non riusciamo a fare niente.
Al di là delle “divisioni” religiose e dei differenti “credo”, quale è l’importanza della dimensione spirituale e come renderla concreta nel nostro quotidiano?
Penso che oggi sia una dimensione importantissima. Al di là del momento attuale, che per ovvie ragioni ne vede un risveglio particolare, ci rendiamo conto del bisogno di significato che dobbiamo dare a noi stessi, alle nostre vite. Tragedie come queste ci inducono a pensare, a raccoglierci di più e a farci delle domande che in momenti di vita per così dire routinari non ci saremmo fatte o fatte di meno. La dimensione della solitudine che molti di noi sono costretti a vivere in questo momento ci costringe o favorisce dei momenti di vita spirituale molto più profondi. Spero che questa dimensione rimanga anche in futuro, ne abbiamo molto bisogno anche ai fini di ricostruire una società meno basata su avidità esagerate che non hanno motivo di esistere, ma che hanno caratterizzato l’assetto socioeconomico di questi ultimi anni .
“Essere il cambiamento” da un lato è un concetto appassionante perché ricco di potenziale, ma dall’altro tocca paure profonde. Se la trasformazione della totalità richiede un cambiamento interiore su una scala che molti non hanno mai sperimentato, siamo davvero pronti per questo cambiamento? Quali sono le capacità e le conoscenze che, a livello individuale e collettivo, è necessario sviluppare o potenziare per contribuire ad una comprensione più autentica della vita e per scoprire chi siamo veramente e che cosa vogliamo diventare come società?
Nel caso di Gandhi lui ha avuto la capacità di realizzarlo nella sua totalità. «Vivi come se dovessi morire domani. Impara come se dovessi vivere per sempre», questa è una delle sue tante massime che però in lui rappresentavano una vita realmente incarnata. Questa esperienza ci lascia in eredità l’assoluta certezza di competenze nuove e specifiche che dovremo sviluppare nei prossimi anni e di cui l’emergenza vissuta ne ha visto la grande carenza. Come dice Yunus «non torniamo al mondo di prima» abbiamo un’occasione incredibile per costruire un nuovo mondo, il mondo di prima non andava bene anche senza Corona virus. Competenze ambientali, big data, health organization, capacità di decisione, ascolto attivo, empatia queste ultime sono le cosiddette soft skills che dovremo assolutamente sviluppare nel futuro con molta attenzione, se vorremo gestire con efficacia le organizzazioni del futuro. Dovremo passare da un management tradizionale a un management della complessità.
Il cambiamento in grado di fare la differenza avviene nella profondità del nostro cuore. Quanto c’è di vero in questo e come questo processo è possibile?
Nella sua famosa “La Meditazione”, Nelson Mandela ci dice che «la nostra paura più profonda non è di essere inadeguati. La nostra paura più profonda, è di essere potenti oltre ogni limite. È la nostra luce, non la nostra ombra, a spaventarci di più. Chi sono io per essere brillante, pieno di talento favoloso? In realtà chi sei tu per non esserlo?» Ecco io penso che questo pensiero di Mandela ci aiuti a capire che il cambiamento vero è quello che avviene a livello della nostra consapevolezza più profonda, delle nostre capacità e dei nostri talenti. Cosa di cui avremo molto bisogno nella costruzione, come dicevamo, di un nostro nuovo mondo. Questo avverrà speriamo nel più breve tempo possibile liberandoci delle nostre paure. Come Mandela conclude nella sua meditazione «quando permettiamo alla nostra luce di risplendere, inconsapevolmente diamo agli altri la possibilità di fare lo stesso. E quando ci liberiamo dalle nostre paure, la nostra presenza automaticamente libera gli altri».
Può descrivere “GAIA AS IS & TO BE” utilizzando parole ed immagini atte a simboleggiarla. In altri termini quali immagini potrebbero esprimere, secondo il suo personale punto di vista, il nostro Pianeta nel tempo attuale e nel tempo futuro che si auspica?
L'immagine che vorrei dare per descrivere il nostro Pianeta è un'immagine che in questi giorni stanno dando, in un video, i ballerini dell'Opéra de Paris. Costretti a danzare isolati hanno deciso di produrre un video in cui si vede ognuno che si esercita nella propria casa. Sono isolati ma danzano insieme, è un po’ come siamo tutti noi, isolati ma interconnessi cerchiamo di vivere la vita del pianeta al suono di una unica musica: il suono di Gaia.
Bibliografia di riferimento e link utili
Panzarani R., sito web: www.robertopanzarani.com
Panzarani R., (2019). Viaggio nell'innovazione Dentro gli ecosistemi del cambiamento globale. Milano: Guerini e Associati
Panzarani R., (2018). Costruire communities. Come cambierà il futuro del capitalismo, dell'economia, della società e del lavoro. Milano: Lupetti editore
Panzarani R., (2016). Global: tribù, confini, leader, reti, ecosistemi. Roma: Edizione Palinsesto
Panzarani R., (2015). Humanity. La conquista sociale dell’impresa. Roma: Edizione Palinsesto
Panzarani R., (2013). Sense of Community e Innovazione Sociale nell’era dell’interconnessione. Roma: Edizione Palinsesto
Panzarani R., Tejon J.L., Megido V., (2010). Luxo for all. Brasile, San Paolo: Editoragente
Panzarani R., (2009). Innovazione e Business Collaboration nell’era della globalizzazione. Roma: Edizione Palinsesto
Panzarani R., (2008). L’Innovazione a colori: una mappa per la globalizzazione. Roma: Luiss University Press
Panzarani R., (2005). Il viaggio delle idee. Per una governance dell’innovazione. Milano: Franco Angeli
Panzarani R., (2004). Gestione e sviluppo del Capitale Umano. Le persone nel bilancio dell’intangibile di una organizzazione. Milano: Franco Angeli
*Dr.ssa Alessandra Bracci - Manager presso una multinazionale automotive e vincitrice di premi nazionali ed internazionali nel marketing. Capo Redattore della rivista MATERIA PRIMA - Rivista di Psicosomatica Ecobiopsicologica. Autrice di pubblicazioni in ambito scientifico.