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Invidia e gratitudine

Invidia e gratitudine
Melanie Klein

a cura del Dr. Aurelio Sugliani

Nell’inconscio del bambino la madre
è rivestita di un potere magico perché tutte
le cose buone provengono dal seno.
Soddisfazione o disagio, gioia o tristezza, amore o odio.
M. Klein

Nel panorama psicoanalitico spicca la figura di Melanie Klein (1882-1960) come una delle più acute studiose della psiche. Le sue folgoranti intuizioni sui dinamismi della mente la portarono ad elaborare delle idee che, pur rimanendo nell’alveo della metapsicologia freudiana, si discostarono dagli usuali concetti utilizzati da Freud e dai suoi epigoni. La Klein pone infatti il tema della relazione (e non più il primato della pulsione) come elemento precipuo dell’interazione madre/bambino e della posizione (schizoparanoide e depressiva) anziché dei classici stadi dello sviluppo psicosessuale. Inoltre ritiene che sin dalla nascita è presente un Io primitivo e anticipa di molto l’esordio del complesso edipico. La Klein rompe anche un altro tabù ritenendo che anche i bambini potessero accedere al setting psicoanalitico dove attraverso il gioco era possibile indagare le dinamiche dell’inconscio.
In questo testo “Invidia e gratitudine” del 1957, pochi anni prima della sua morte, la Klein esplora di come il primo rapporto oggettuale nella diade madre/bambino sia il seno e i sentimenti ad esso associato. La Klein ritiene che il sentimento dell’invidia è primario (costituzionale ed innato nel bambino) e che le sue vicissitudini diventano dirimenti nel costituire una personalità integrata oppure scissa. Nel fare la disamina dei sentimenti la Klein distingue fra invidia, gelosia e avidità, laddove il primo “è un sentimento di rabbia perché un'altra persona possiede qualcosa che desideriamo e ne gode [...] inoltre l'invidia implica un rapporto con una sola persona (la madre)", la gelosia, che deriva sempre dall’invidia, invece prevede sempre una triangolazione.
Il neonato agli esordi della sua vita psichica si trova a dover affrontare sentimenti contrastanti tra un seno (oggetto parziale) onnipotente e in grado di esaudire ogni desiderio e la “rabbia” (leggasi invidia) di non poterlo possedere. Da qui l’innestarsi di una serie di meccanismi psichici come la scissione (tra seno buono e cattivo) e l’identificazione proiettiva dove il bambino fantastica di inserire sia parti di sé intollerabili all’interno del seno al fine di controllarlo e/o prenderne possesso sia “parti” buone per proteggerle dal persecutore interno, riflesso della pulsione di morte. Questo meccanismo può portare all’insorgere di angosce a contenuto paranoide indotte dalle parti persecutorie proiettate nel seno (che diventa cattivo) e un senso di “svuotamento” e indebolimento dell’Io. Nondimeno anche le parti “buone” vengono proiettate nel seno a protezione dei persecutori interni e tale proiezione “è fondamentale affinché il bambino sviluppi buone relazioni oggettuali e le integri nel proprio Io”. Ne consegue che in questa fase schizoparanoide (4-6 mesi), si alternano stati di angoscia e di benessere, caratterizzati da continui meccanismi psichici di scissione, proiezione, introiezione, idealizzazione, espulsione, ecc. che sottostanno sia al temperamento costituzionale del bambino, sia dalle condizioni ambientali e dalle cure del care-giver.
Quando l’Io del bambino diventa più maturo (6-12 mesi), impara a superare le sue angosce, comincia ad avere un maggior senso fra realtà esterna ed interna, a superare gli oggetti parziali (il seno), a riconoscere la madre nella sua totalità e a relazionarsi con figure esterne (il padre), accedendo così alla posizione depressiva, dove si enuclea il senso di colpa come momento riparativo. Avendo interiorizzato l’oggetto “buono”, ora il bambino sperimenta un senso di gratitudine che sarà poi la base dell’empatia e della capacità di amare. Questo sentimento di gratitudine consente di creare quella fiducia di base (nel seno buono), fiducia che permette di sviluppare le successive capacità sublimative e riparative e di poter accedere a relazioni vere e autentiche.
Le riflessioni della Klein sono divenute patrimonio del discorso psicoanalitico in quanto consentono di poter analizzare anche quegli stati mentali primari, fortemente dissociati, che si palesano nelle sindromi schizofreniche e nelle varie forme di psicosi, permettendo così di ampliare gli orizzonti terapeutici e di attuare presidi specifici anche per le forme estreme del disagio mentale. Infine le considerazioni psicoanalitiche kleniane si estendono non solo al singolo individuo ma hanno anche una connotazione sociale. Come scrive la Vegetti Finzi: “La psicoanalisi di Melanie Klein può essere considerata implicitamente morale in quanto è organizzata come un’ascesa dalla follia, malattia, morte, solitudine e malvagità della nascita alla genitalità, armonia, comunicatività, creatività della maturità. Ella ritiene che la psicoanalisi possa risolvere non solo i problemi psichici individuali, ma anche quelli sociali, spezzando il «cerchio del permanente reciproco rafforzamento dell’odio da parte della paura e della paura da parte dell’odio».

Sinossi.
In "Invidia e gratitudine" la celebre psicoanalista Melanie Klein fa una disamina puntuale del rapporto primario che ha il bambino con il suo "oggetto" (seno materno). La Klein individua nella situazione di totale dipendenza del bambino dalla madre l'emergere del sentimento dell'invidia che è presente costituzionalmente in ogni individuo. La Klein analizza ogni possibile espressione di questo sentimento e tutte le sue possibili elaborazioni e i relativi meccanismi difensivi che il neonato mette in atto. Il testo viene corredato da una casistica clinica a conferma delle sue teorizzazioni con adulti e bambini.

M. Klein, Invidia e gratitudine, Giunti, Firenze, 2012

Dr. Aurelio Sugliani - Laureato in psicologia. Responsabile Gestione Sistemi informatici e Area web ANEB. Collaboratore di Materia Prima. Autore dei libri “Tex Willer. Tra mito e archetipo”, “Nekya: sentieri di conoscenza” e “Voci, racconti e narrazioni del corpo”.