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La donna ferita. Modelli e archetipi nel rapporto padre-figlia

La donna ferita. Modelli e archetipi nel rapporto padre-figlia
Linda Schierse Leonard

a cura di Dr.ssa Sonia Colombo*

Analista junghiana e membro fondatore dell’Inter-Regional Society for Jungian Analysts, Linda Schierse Leonard ci introduce con questo suo libro a una profonda analisi dei conflitti psicologici e spirituali delle donne il cui rapporto con il padre, sia esso personale, patriarcale o culturale, abbia subito una ferita. In maniera schietta e sincera, operando quella che potremmo definire una vera e propria “self disclosure” nei confronti del lettore, l’autrice già nelle prime pagine dedicate alla prefazione rende noto il tema del dolore della ferita nel rapporto padre-figlia riportando la propria personale testimonianza. Figlia di un padre alcolista, combattuta fra alcuni primi ricordi di vita in cui poté assaporare il calore di una dolce figura paterna per poi dovere invece fare i conti anche con i tratti minacciosi, inaffidabili e violenti della stessa, la Leonard si svela completamente narrando come la vergogna e l’odio profondo provati nei confronti del padre abbiano condizionato per anni la sua vita. Partendo da un primo tentativo di prendere le distanze dalla propria storia famigliare, grazie allo studio e all’impegno intellettuale adottati come difese di allontanamento, l’analista junghiana rivela infatti con coraggio come ad un certo punto della sua vita le ombre e le parti rimosse dell’inconscio abbiano preso corpo in lei attraverso il manifestarsi della depressione, il consumo d’alcol e il trascorrere di momenti dionisiaci accompagnati da angoscia e disagio. Già dalle prime pagine di questo volume la terapeuta americana è così in grado di trasferire quanto il profondo lavoro d’analisi da lei affrontato per risanare la propria ferita, eredità del doloroso rapporto con la figura paterna, sia stato di fondamentale importanza. Così facendo la Leonard crea dunque in chi si appresta alla lettura dell’opera un forte senso di umanità e speranza accompagnato però anche da un sano disincanto: in quanto donna ferita l’autrice diviene infatti reale testimone dell’opportunità di guarigione sgomberando purtuttavia il campo dal rischio di potenziali illusioni relative alla possibilità di eludere la ferita stessa. Come infatti scrive, il tentativo della donna ferita è spesso quello di prendere le distanze dalla complessa eredità ricevuta dal mondo paterno e dalle relative imago interiorizzate, per poi però doversi trovare a far fronte a quelle ombre che inevitabilmente si affacciano dal profondo: «A faccia a faccia con il mondo dell’irrazionale, con la sensazione di essere smembrata come il mitico Dioniso, iniziai a vivere quel mio lato oscuro e torturante. Anche il mio aspetto cambiò. I miei capelli, tagliati corti per darmi un’aria professionale, crebbero fino a farmi sembrare una hippie. Appesi alle pareti del mio appartamento i coloriti ma grotteschi e terrificanti quadri degli espressionisti tedeschi. Quando viaggiavo cercavo camere d’albergo da quattro soldi nei quartieri pericolosi delle città straniere. Come all’inizio evitavo il contatto con il mondo di mio padre, adesso mi ci buttavo dentro» (p. 10).
Quante figlie ferite divengono dunque donne ferite che soffrono a causa di una scarsa immagine di sé, di un’incapacità nel costruire rapporti duraturi e appaganti con il maschile? E quante altre, pur avendo grandi doti e qualità, faticano a sanare quel senso di sfiducia profonda che nutrono verso le proprie competenze professionali e umane? Talvolta, spiega la Leonard, ci si può trovare di fronte donne che possono apparire forti, brillanti e affascinanti. Tuttavia in loro vi è una ferita aperta che sanguina e che le mette continuamente a contatto con sensazioni di vergogna, solitudine, abbandono e disperazione. Tali vissuti affondano le loro radici proprio nel rapporto negativo con il padre, che ha ostacolato alla figlia la possibilità di imparare a vivere e lavorare creativamente: «…se il padre non è disponibile verso la figlia per un rapporto responsabile e serio, incoraggiando lo sviluppo del suo lato intellettuale, professionale, spirituale e dando valore all’unicità della sua femminilità, ne nasce una ferita per il suo spirito femminile» (p. 23).
La Leonard va però anche oltre queste profonde riflessioni introducendo come le ferite fra il padre e la figlia non si configurino solo quali eventi personali, bensì spesso come vere e proprie condizioni culturali: «Laddove c’è un atteggiamento patriarcale autoritario che svaluta il femminile, riducendolo a una serie di ruoli e qualità che provengono non dall’esperienza personale della donna, ma da una visione astratta di lei, lì si può trovare il padre collettivo che soffoca la figlia non permettendole una crescita creativa secondo il suo più intimo modo di essere» (p. 23). Quindi non solo il padre è la prima figura maschile che plasma per la propria figlia il modo in cui si metterà in relazione con gli uomini, ma è anche la stessa funzione paterna (a livello sociale, culturale e collettivo) che può favorire la trasformazione della donna, dando così valore alla sua unicità e svolgendo la funzione di guida nel passaggio dal protetto regno materno verso il mondo esterno.
La Leonard nel testo spiega molto bene come l’inadeguatezza del padre possa assumere varie forme: dal padre eccessivamente rigido a quello più indulgente (eterno fanciullo), entrambi incapaci di fornire un modello adeguato alle loro figlie che finiranno per adeguarsi o ribellarsi, pur sempre però vivendo in continua reazione al modello maschile esperito e rimanendo invischiate in tale dipendenza. A tal proposito l’autrice descrive come siano due i modelli comportamentali che possono avere origine da un rapporto ferito con il padre (talvolta presenti anche contemporaneamente nella psiche femminile e in conflitto fra loro): si tratta dell’”Eterna fanciulla” e della “Amazzone corazzata”. Il primo è il modello di donna rimasta psicologicamente bambina, anche se adulta. I suoi tratti sono spesso passivi, dipendenti, essa fatica a trovare una direzione nel mondo e a modellare una propria identità, vivendo con disperazione il fatto di non riuscire a farsi strada e a trovare un proprio modo di essere. L’Amazzone corazzata è invece colei che si identifica, per reazione, con le funzioni paterne, costruendosi una forte identità maschile attraverso il successo, la lotta e spesso anche il controllo. Il motto dell’Amazzone è spesso quello che nella vita bisogna fare e crearsi tutto da sé. Chiaramente tale modello comportamentale è a tutti gli effetti una corazza e seppure possa spesso apparire utile e funzionale a livello professionale, sovente nasconde un mondo interno fatto di stanchezza e vulnerabilità. Entrambi i modelli, quello dell’Eterna fanciulla e quello dell’Amazzone corazzata, a loro volta declinati ulteriormente nelle loro differenti sfaccettature all’interno del volume, hanno chiaramente un carattere distruttivo.
Per concludere la Leonard ci spiega come spesso i conflitti che si rinvengono nel rapporto padre e figlia possano coesistere nella psiche stessa della donna ferita assumendo un vero e proprio carattere archetipico. Grazie al percorso analitico, che permette alla donna ferita la liberazione dall’ira e la possibilità di confrontarsi con le lacrime cristallizzate in “ghiaccioli aggressivi” (in quanto figlie del risentimento) piuttosto che con quelle “straripanti” (che accompagnano il vissuto di vittima), l’autrice sottolinea come sia possibile accedere alla trasformazione e allo sviluppo del proprio autentico femminile. La possibilità di giungere a versare lacrime più “miti”, capaci di introdurre e aprire la via a sentimenti spontanei e istintivi che erano stati rimossi è dunque la via da perseguire: «A mano a mano che le mie lacrime rendevano soffice la corazza e mi aprivano il cuore, iniziai a sentire il potere curativo della natura. Potevo esprimere sempre di più il mio lato vulnerabile e non cercare di giustificarmi accettando i valori collettivi. Man mano che riuscivo a mostrare agli altri i miei sentimenti con maggiore spontaneità e apertura, le mie difese scomparivano e gli altri erano più aperti nei miei confronti».
Parafrasando Rilke, Linda Leonard ci ricorda infine come sia bene tener presente che per accedere al percorso di trasformazione è necessario accettare il fatto che spesso la bellezza coincide con l’inizio del terrore.

Sinossi
Un padre ferito nel suo sviluppo psicologico non sa fornire alla figlia le cure a lei necessarie, lasciandole così in eredità una ferita che può nuocere al suo femminile. Professionalmente, intellettualmente, socialmente e affettivamente la donna ferita può così sentir venir meno la fiducia in sé, oltre a sentire minate le proprie sicurezze. Tale vissuto non è dovuto unicamente all’esperienza che la figlia può vivere con il proprio padre, ma anche al confronto con una cultura patriarcale e autoritaria, che può vederla costretta ad assumere o un ruolo di passiva sottomissione (Eterna fanciulla) o di emulazione per difesa del modello maschile (Amazzone corazzata). Linda Schierse Leonard, anche attraverso la sua testimonianza personale oltre che l’esperienza maturata nella pratica professionale, apre in questo interessante volume un’ampia riflessione su quanto accettare, affrontare e guarire la ferita sia un compito centrale per la donna moderna affinché possa ritrovare il proprio ruolo creativo e la propria unicità.

*Dr.ssa Sonia Colombo – Psicologa e psicoterapeuta specializzata presso l’Istituto ANEB, svolge attività in libera professione presso il proprio studio di Bergamo. È terapeuta EMDR e formatrice sia in ambito aziendale che socio-sanitario. È referente per l’Istituto ANEB dei rapporti con l’Ordine degli Psicologi della Lombardia, oltre a svolgere attività di docenza presso la Scuola di Specializzazione in Psicoterapia.