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Là dove il trauma divenne concreto…

Là dove il trauma divenne concreto…
Le scoperte ferencziane dialogano con l’Ecobiopsicologia

di Giulia Volonterio

>>> Leggi l’articolo completo qui pp. 59-63<<<

La sofferenza psicosomatica dell’uomo incontra qui un nuovo e complesso sguardo, nato dall’intreccio di due metodi terapeutici concretamente orientati a bonificare il corpo e l’Anima di quel paziente-bambino-adulto traumatizzato.
La disciplina dell’Ecobiopsicologia facilita l’integrazione tra la conoscenza psicologica e neuroscientifica ed informa così il terapeuta ad assumere una posizione sistemico-complessa in grado di connettere l’individuo all’Anima Mundi. In questa visione, il trauma diviene uno degli aspetti dell’esperienza umana che si inserisce nella trama della vita dell’individuo ed, in tale contesto, il terapeuta ecobiopsicologico si propone di esplorarlo insieme al paziente, con il fine di risignificare simbolicamente il dramma esperienziale che egli ha inconsciamente subito e di connetterlo, con cura, verso la consapevolezza d’anima. In questo articolo si aprirà un dialogo che recupererà nella visione ecobiopsicologica la veduta dello psicoanalista Ferenczi, il così definito “poppante-saggio” che intese il trauma come reale espressione dell’anima.
L’esperienza della sofferenza che accade nel trauma può essere vissuta come possibilità di recuperare un senso e la sofferenza diviene il motore per far mutare il nostro modo di essere e il mondo in cui siamo fin dalle origini immersi.
Ferenczi, grazie alle tempestose personali sofferenze e ai brillanti incontri personali e professionali (tra cui la simbolica figura di Freud), ha promosso e valorizzato una visione ampia del mondo psico-emotivo del soggetto, attraverso l’evidenza della relazione con il contesto familiare in cui egli è inserito e mediante un approccio terapeutico rivolto alla persona, alla sua integrazione ed evoluzione.
L’esperienza clinica di Ferenczi è occasione per rintracciare una profonda ferita psichica nel bambino-paziente, udibile dal modo di pensare e dal suo confuso linguaggio che esclamano come un congelamento del proprio naturale cammino d’anima. L’innocente bambino-paziente è fermo nel buio dell’incubo ed è quindi indispensabile, per il recupero delle tracce mnestiche, una terapia che sia flessibile ad accoglierlo benevolmente e soccorrerlo (1932), affinché si possano coagulare gli storici e pungenti frammenti. Il terapeuta dovrebbe avere il rappresentativo compito di riconoscere, dietro l’adorazione del bambino, l’antico desiderio di liberarsi da un genere di amore soffocante. Ferenczi promuove la sperimentazione di uno sguardo attento, talvolta preoccupato, che muova l’entrata in relazione di questi pazienti, in modo che si rispecchino (mirroring) sul terapeuta e possano scoprire e sintonizzarsi con il proprio mondo sottile. Una preziosa occasione di natura cognitiva e un recupero di quella buona percezione corporea fra il sé e il corpo dell’altro.
Avvicinandoci ad una rilettura attuale, infatti, Ferenczi rivela uno sguardo teso alla riconnessione in-formativa di quelle parti che sono state inconsciamente deviate dalla psiche del paziente. È proprio nel trauma precoce che l’evento è impossibile da rappresentare e, talvolta nei casi di grave dissociazione, esso è addirittura “impensabile”. Ecco che il trattamento psicoanalitico è per Ferenczi una possibilità di profonda indagine personale che facilita l’adattamento all’ambiente e ai suoi irrefrenabili stimoli stressogeni.
Il modello vitale dell’Ecobiopsicologia è teso ad accogliere, contenere e ri-significare non solo gli eventi traumatici, ma è volto ad includere anche gli eventi somatici che celano il disagio implicito della persona. Infatti, la ferita dell’essere è complessa, coinvolge la risonanza fra corpo e psyché che meritano di essere liberati per trasformare l’uomo in individuo cosciente!
Ferenczi riconosce come nel fenomeno del trauma il bambino è incapace di comprendere le proprie emozioni e quelle dell’adulto e di dare loro un senso; nel contempo percepisce la forza autoritaria dell’adulto che lo ammutolisce, tanto da arrestare lo sviluppo del suo pensiero soggettivo e quindi a identificarsi con lui che minaccia.
La pratica terapeutica ecobiopsicologica apre, attraverso la lettura simbolica ed analogica della vita del paziente, ad un percorso trasformativo sul piano del Sé del paziente grazie alla possibilità di creare un significativo campo di lavoro clinico, come possibilità reale di scambio in-formativo tra paziente e terapeuta, conscio ed inconscio, che funziona da agente trasformativo verso il recupero della totalità che include corpo ed anima del soggetto. Ecco che si può così comprendere come la psicoterapia ecobiopsicologica rappresenti quell’attento processo volto a recuperare e superare la terapia psicanalitica ferencziana, attraverso una nuova relazione terapeuta-paziente in grado di attivare una coerente integrazione tra corpi, emozioni, sogni e riflessioni che coltivino il fedele, evolutivo campo terapeutico condiviso.

AUTRICE: Giulia Volonterio – Psicologa, specializzanda presso la Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Istituto ANEB. Operatrice di Training Autogeno.

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William-Adolphe Bouguereau, Orestes Pursued by the Furies, Norfolk, Chrysler Museum of Art, 18