La Strada della Donna
di Esther Harding
a cura di Raffaella Restelli*
«Sulla base di una ricca esperienza psico-terapeutica, la dott.ssa Harding ha declinato un quadro della psiche femminile ampio e profondo che supera di molto le precedenti ricerche in questo campo. La sua esposizione è pregevole per la libertà da qualsiasi pregiudizio, e notevole per l’amore della verità, anche quando questa è spiacevole: non si perde mai in teorie morte né in fanatiche originalità che disgraziatamente abbondano così spesso proprio in questa materia. In tal modo riesce a penetrare con la luce della conoscenza negli abissi profondi in cui prima regnava il buio. I concetti biologici e sociali possono esprimere soltanto una metà dell’anima femminile. Invece in questo libro diviene chiaro che la donna possiede anche una peculiare spiritualità del tutto sconosciuta all’uomo. Senza la conoscenza dell’inconscio mai questo nuovo punto di vista, così essenziale allo studio della psicologia femminile, avrebbe potuto essere portato a tale compiutezza. In molti altri luoghi della trattazione è evidente la feconda influenza della psicologia dell’inconscio» (Jung, 1942, p. 13).
«In principio Dio creò il cielo e la terra» (Genesi 1,18), con tutto ciò che contengono, mettendo al centro della sua creazione il genere umano. «Egli creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò» (Genesi 1,19), a sottolineare come il genere umano sia stato creato secondo la credenza dell’origine divina della creazione del mondo e dell’umanità, come maschio e femmina. Tuttavia, già nel primo capitolo della Genesi, si sviluppa un’altra versione, che è quella più conosciuta, sulla creazione dell’uomo: è il racconto del sonno di Adamo e della creazione di Eva: «Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò, gli tolse una delle costole rinchiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio plasmò con la costola, che aveva tolto all’uomo, una donna, e la condusse all’uomo. Allora l’uomo disse: Questa volta è carne della mia carne, e ossa delle mie ossa. La si chiamerà donna poiché dall’uomo è stata tolta» (Genesi 2,16). Parole che nel susseguirsi delle epoche e nelle diverse culture sono andate alimentato il mito che rappresenta la donna come una parte inconscia dell’uomo, completamente dipendente da lui, senza un proprio spirito vivente e un’anima propria.
È questo il terreno di analisi che Esther Harding esplora nel suo testo ripercorrendo la “strada della donna”, seguendola nelle diverse vicissitudini della sua vita indagando il mito della femminilità. Un percorso all’inizio velato dall’illusione dell’anima che l’uomo ha proiettato su di lei e che lei ha portato con sé senza lamentarsi, per tutti gli anni della sua incoscienza, fino al momento in cui si è manifestata la vera donna, come essa è in sé stessa. L’autrice sottolinea come proprio nel determinare la sua personalità, la donna si liberi dalla proiezione dell’anima dell’uomo riuscendo a spogliarsi per quanto possibile, da quell’aureola di fascino di cui l’uomo l’ha rivestita, rivelandosi in tutta la sua debolezza e in tutta la sua forza: «L’illusione dell’uomo l’aveva dipinta con colori sovraumani tanto nei toni più splendenti quanto in quelli più cupi. A lui essa era apparsa divinamente attraente o diabolicamente repulsiva, così che quando essa si mostra nella sua vera luce, perde e guadagna insieme nel cambio. Le sensazioni che provocava un tempo sorgevano dall’inconscio sia suo che dell’uomo, quasi incontrollate. Oggi, per la prima volta, essa è umanamente responsabile delle sue qualità. Se cade in peccato può pentirsi, se fa bene è affare suo. Questo è indubbiamente una conquista nell’evoluzione psicologica della donna, poiché, rivelandosi per quel che realmente è, essa ha raggiunto la perfetta coscienza della sua individualità» (Harding, 1942, p. 316).
Esther Harding approfondisce e analizza sapientemente i problemi psicologici della donna nell’ordine in cui essi si sono susseguiti nelle varie fasi del suo destino mostrando come nell’affrontare la realtà quotidiana della propria esistenza, la donna sia riuscita a raggiungere una progressiva maturità e profondità di coscienza e i suoi bisogni egoistici e personali abbiano ceduto il passo a un fine più fondamentale sostituiti da un valore di natura soprapersonale strettamente legato ai principi più profondi della vita. È in questo processo di maturazione che la donna ritrova per sé una spiritualità che ha le sue basi nel principio di Eros che si esprime nella vita con un nuovo genere di relazione umana.
«Non è tuttavia compito facile trattare a fondo i problemi della relazione. Le incomprensioni fra due persone che si amano derivano sempre da desideri inconsci dell’Io, o da cose sconosciute e piene di ombra che si nascondono al di là della coscienza. La difficoltà tocca spesso il punto più debole e l’inferiorità più intima, ed è connessa con cose che difficilmente uno ammette con sé stesso e che il più profondo istinto di autopreservazione nasconde anche all’amico più caro e più vicino. Questi problemi sono difficili per chiunque ma specialmente, io credo, per un uomo, per il quale è particolarmente spiacevole avere a che fare con problemi della vita di relazione; e, quando vi si trova a confronto, egli ha la fortissima tentazione di respingerli nell’inconscio. Per la donna, il cui principio è l’Eros o la relazione, il compito non è così difficile. Il più grande senso di inerzia essa lo prova quando è necessario divenir coscienti delle discriminazioni e di definizioni accurate, non quando si tratta di relazioni» (Harding, 1942, pp. 284-5).
Partendo dall’assunto che per lo sviluppo psicologico soprattutto per noi occidentali, non si possa prescindere da una relazione psicologica, il bisogno di coscienza della donna moderna di una più profonda valutazione della realtà, è il principio guida che oggi sostituisce la “sottomissione alla legge morale”, le norme e le convenzioni sociali che un tempo erano di riferimento e indicavano la via da seguire. Tuttavia, come ben evidenziato da Esther Harding nel dipingere il “progresso” evoluzionistico della coscienza umana dalla primitività originaria all’antichità e poi all’epoca moderna, le problematiche dell’umanità rimangono fondamentalmente sempre le stesse seppure modificandosi e passando di decade in decade da un livello di coscienza ad un altro. I costumi cambiano, ma gli esseri umani tendono ad essere sempre lo specchio del loro tempo divenendone spesso anche le vittime: Gli uomini e le donne di oggi nella loro esigenza di coscienza, agiscono spinti da motivazioni molto diverse: la grande maggioranza si lascia guidare dal desiderio di soddisfazioni personali ed egoistiche, solo pochi cercano veramente di vivere la propria esistenza secondo un valore soprapersonale che li trascende allo scopo di conseguire uno sviluppo ed una maturità reali.
Afferma Jung: «Che gli uomini non capiscano nulla della psicologia femminile è un’opinione di tutti gli iniziati a questa scienza, ma è stupefacente accorgersi quanto poco le stesse donne si conoscano. Tuttavia, la sorpresa deriva solo dall’ingenua convinzione che l’umanità conosca a fondo la propria anima. Conoscere e comprendere l’anima umana è il compito più difficile che possa presentarsi ad una mente investigatrice. I più recenti sviluppi della psicologia dimostrano sempre più chiaramente che non solo non esistono formule semplici da cui si possa far derivare il mondo dell’anima, ma anche che non siano riusciti a delimitare con sufficiente certezza il campo dell’esperienza psichica. In verità la psicologia scientifica, nonostante la sua immensa estensione in superficie, non ha neppure iniziato un processo di liberazione da quelle montagne di pregiudizi che sbarrano l’accesso alla conoscenza dell’anima nella sua verità. […] L’esistenza di un inconscio psichico non si è ancora affermato in modo indiscusso, sebbene un’ingente quantità di materiale provi, fuor di qualsiasi dubbio, che una psicologia del conscio non è possibile se non si ammette l’esistenza dell’inconscio. Nessun dato psicologico di qualche complessità può essere trattato se non su questa base. Per di più la psiche, come si presenta nella realtà della vita, è qualcosa di assai complesso. Non si può scrivere, per esempio, una psicologia della donna senza un’adeguata conoscenza del fondo inconscio della psiche» (Jung, 1942, pp.12-13).
Esther Harding, La Strada della Donna, Casa Editrice Astrolabio, Roma 1942)
Sinossi
Fra i molti libri dedicati allo studio della psicologia femminile e al posto della donna nella società moderna, questo di Esther Harding forse è il più autorevole, il più valido e nello stesso tempo il più accessibile al vasto pubblico. Da anni questo libro ha trovato ampia udienza, e non soltanto presso il pubblico femminile; ciò che sorprende è che lo straordinario mutamento avvenuto negli anni nei comuni sentimenti sociali, soprattutto nell'atteggiamento verso il sesso, era già stato intuito, esaminato e razionalizzato dalla Harding prima dell'esplosione degli anni sessanta. Come ha scritto C. G. Jung, che ha seguito il lavoro della Harding e lo ha presentato con una introduzione, «la dottoressa Harding ha delineato un quadro della psiche femminile ampio e profondo che supera di molto le precedenti ricerche in questo campo. La sua esposizione è pregevole per la libertà da qualsiasi pregiudizio, e notevole per l'amore della verità, anche quando questa è spiacevole; non si perde mai in teorie morte né in fanatiche originalità che disgraziatamente abbondano così spesso proprio in questa materia. In tal modo riesce a penetrare con la luce della conoscenza negli abissi profondi in cui prima regnava il buio».
*Dr.ssa Raffaella Restelli – Studiosa nell’ambito delle Scienze Umane, linguista e psicologa iscritta alla British Psychological Society con la quale collabora attivamente. Laureata in Lingue e Letterature Moderne presso Università Cattolica di Milano e in Psicologia presso Università Newcastle UK. Counselor ad indirizzo ecobiopsicologico. Traduttrice area Editoriale ANEB.