La terra e il riposo. Un viaggio tra le immagini dell’intimità
Gaston Bachelard
a cura della Dr.ssa Naike Michelon*
L’interiorità viene conquistata nell’infinità del profondo per l’infinità del tempo. Così vuole la tenacia dell’immaginazione materiale. (Pag. 34)
Si capisce immediatamente che il colore è una seduzione delle superfici, mentre la tintura è una verità del profondo. (Pag. 33)
Gaston Bachelard (1884-1962) è stato uno dei più fecondi pensatori francesi. Scienziato, psicanalista, poeta, dedicherà la seconda metà della vita a studiare l’immaginario, che diventerà per lui strumento principe per accedere all’indagine dei fenomeni di Natura, dall’Uomo al Cosmo.
Il sognatore di immagini, per l’Autore, si abbandona alla rêverie, quello stato dell’Io che, pur essendo in condizione di veglia, lascia fluire l’immaginazione con la libertà caratteristica del sogno (rêve). Attraverso questo sguardo, l’esplorazione degli elementi archetipici della Terra, dell’Acqua, dell’Aria e del Fuoco, a cui Bachelard dedica diverse opere, si distanzia dalla mera descrizione degli elementi e delle loro caratteristiche fisiche, acquisendo un sapore poetico che permette di poter fare esperienza dell’oggetto indagato dall’interno, avendo talvolta l’impressione di poter divenire noi stessi, nel corso della lettura, la materia indagata. Forse perché, come dice bene Bachelard «l’immaginazione non è altro che il soggetto trasferito nelle cose» (pag. 7).
Siamo già ne La terra e il riposo, luogo in cui Bachelard racconta in che modo sia possibile entrare nelle immagini della terra e come, questo farsi materia, conduca nel medesimo istante in cui si esplora l’intimità degli oggetti, a scoprire se stessi. «L’essere che sogna piani di profondità nelle cose finisce per determinare in se stesso piani di profondità differenti. Ogni dottrina dell’immagine si duplica specularmente in una psicologia dell’immaginante» (pag. 14).
Incontriamo così nuove prospettive per accedere, come in un sogno, ai segreti della materia, facendosi piccoli, ed entrando nelle cose mediante la funzione di miniaturizzazione, dove il sognatore che lo desidera, fa l’esperienza di essere in un mondo incantato, andando ad abitare l’oggetto che vuole esplorare fino a possederlo nella propria intimità. «Le rêveries veramente possessive, quelle che ci danno l’oggetto, sono rêveries lillipuziane, rêveries che ci regalano tutti i tesori dell’intimità delle cose» (pag.17). Nel momento in cui si inizia a sognare o a pensare nel mondo della piccolezza ecco che tutto magicamente si ingrandisce tanto che i fenomeni dell’infinitamente piccolo assumono un aspetto cosmico.
Bachelard sa bene che il potere della rêverie non è solo un fatto di cambio di visione o una possibilità di scoperta fine a se stessa. Miracolosamente, questo farsi piccolo, rivela come «Ogni intimità oggettiva inseguita in una rêverie naturale è un germe di felicità. Si tratta di una grande felicità perché è una felicità nascosta» (pag.20). E nel contempo, l’immaginazione minuziosa, col proprio insinuarsi dappertutto, invita non solo a rientrare nel proprio guscio, ma «a penetrare in ogni guscio per vivere l’autentico ritiro, la vita avviluppata, ripiegata su se stessa, ritrovando tutti i valori del riposo» (pag.21).
Si comincia ad assaporare la possibilità che per l’Autore, alludere all’archetipo della terra, sia il pretesto per mostrarci una via possibile per cogliere i segreti dell’esistenza, raffinando la possibilità di sciogliere la nostra mente in una veglia sognante, cosciente, in grado di toccare con mano la potenza delle forze psichiche che si contattano nell’immaginario e che sono più forti, più pregnanti delle esperienze reali.
I segreti della materia si ammantano di colore ma pretendono di essere penetrati, come fa la tintura che si permea nella sostanza diventando essa stessa l’oggetto impregnato. Questo permette di poter cogliere appieno quel raffinato equilibrio di natura che si esprime, nella materia, attraverso la tensione dello stare insieme: il poeta attraverso il proprio linguaggio allusivo riesca declinare come, nella materia, certe sostanze necessitino di una tale unione per emergere, per sostenersi. Hanno bisogno l’una dell’altra per esistere.
Questo conduce il lettore, che ormai con Bachelard è divenuto esploratore, ad essere profondamente coinvolto nell’indagine dell’oggetto prescelto, e a scoprire che questo contatto dirige necessariamente verso la propria personale ed intima profondità.
L’indagine della materia distilla le qualità della materia stessa e del sognatore-esploratore. Essa può rimandare a valori come ad esempio la volontà: «Il sogno di impregnare figura tra le più ambiziose rêveries della volontà. Ha un solo completamento di tempo: l’eternità» (pag.34).
Oppure può rimandare al calore, nascosto nelle sue profondità e necessario per qualunque trasformazione. O ancora, esplorare la materia che richiama il movimento stesso insito nelle sue consistenze, descritto dal Bachelard alchimista, come una vera e propria lotta tra le sostanze. L’Autore non esita a ribadire il necessario connubio fra l’alchimista e la materia, che permette, attraverso l’indagine sulle sostanze, di far emergere quelle metafore in grado di svelare i sentimenti più profondi dell’animo umano. Si rivela dunque una chimica sentimentale, che solo all’apparenza è estrovertita e proiettata sulla materia, in grado di cogliere così profondamente il turbamento del cuore, delle passioni, del profondo ed inevitabile legame fra concordia e discordia, ingredienti necessari allo stesso esistere.
Bachelard ricorda sapientemente che «è nelle vene umane che bisogna fare le esperienze più interessanti e più valorizzate. L’alchimista cerca più l’oro liquido che quello in barre, opera sulle metafore dell’oro piuttosto che sulla sua realtà ed è alle metafore più grandi, a quelle della giovinezza che attribuisce in modo del tutto naturale i massimi valori» (pag. 63).
Nella lettura di questo libro, pare che la mente stessa ceda al bisogno di rigenerarsi attraverso questo modo di operare, passando dalla percezione della quantità di sensazioni oggettive, ad una profondità che ora esige qualità e che richiede di impregnarsi fino in fondo di ciò che si immagina. «Quando la felicità di immaginare prolunga la gioia di sentire, la qualità si presenta come un’accumulazione di valori» (pag. 71). Si sperimenta come il linguaggio dell’anima si esprima proprio nella dialettica dell’immaginazione delle qualità: «Immaginare una qualità significa attribuire un valore che supera, che contraddice il valore sensibile e reale. Si dà prova di immaginazione cavillando sulla sensazione, bloccando la grossolanità sensibile (colori e profumi) per esaltare le sfumature, gli aromi. Si cerca l’altro nel cuore dello stesso» (pag. 72).
Orchestrando le voci di poeti e scrittori più o meno noti, Bachelard non si accontenta di averci fatto dono di alcuni segreti intimi della potenzialità della rêverie. Ci invita a seguirlo attraverso il viaggio che ha preparato mediante l’esplorazione di alcune immagini che si rifanno al tema a cui è dedicato questo studio.
Così incomincia il cammino attraverso le immagini della casa, come luogo che fornisce la via per accedere ad immagini di profondità, utile a svelare i bisogni che vengono da lontano, intessuta di protezione, di aspirazioni inconsce, di contatto con le radici lontane, il calore, l’affetto, la vita più intima. Sembra quasi che voglia ripescare nel lettore quelle piccole certezze che sono necessarie ad ogni eroe che sta per mettersi in un cammino di rinnovo.
Un cammino impervio che pretende l’incontro con le proprie ombre, così come di attraversare le oscurità dell’inconscio mediante le immagini di Giona, della caverna, del labirinto, del serpente, delle radici, prima di poter giungere, ormai trasformati, all’esperienza di totalità espressa nella sapienza del dialogo fra la vigna ed il vino degli alchimisti in cui «[…] si legano solidalmente l’universale e il particolare, riconoscendo il vino cosmico nel vino individualizzato» (pag. 270).
Solo allora il lettore potrà assaporare, forse appieno, il simbolo per eccellenza della rinascita, che si nasconde nella certezza delle parole di Bachelard quando sottolinea che «Il vino è davvero un universale che riesce a farsi singolare se solo trova un filosofo che sappia berlo» (pag. 270).
Sinossi
Il libro “La terra e il riposo. Un viaggio tra le immagini dell’intimità”, attraverso l’immaginario e la rêverie, permette al lettore di accedere ad un dialogo intimo dettato dalla scoperta del potere delle immagini. Viene immerso nella materia diventando cosciente della possibilità di esplorarne le qualità che rivelano nel contempo, l’essenza della propria intimità. Un viaggio nella materia per recuperare le qualità dell’anima, dei sentimenti più profondi e autentici dell’Uomo. Il lettore accederà, una volta dotato degli strumenti adeguati, in un simbolico viaggio tessuto nella proposta non casuale dell’esplorazione di alcune immagini che alludono all’archetipo della terra ed alla qualità del riposo, messa in evidenza in quest’opera dall’Autore. Troviamo quindi l’immagine della casa, del complesso di Giona, della grotta e del labirinto, fino ad arrivare al serpente, alla radice, ed alla relazione fra il vino e la vigna degli alchimisti, per recuperare con pienezza la complessità dei sentimenti e delle emozioni, attraverso l’operare concreto dell’immaginario e della rêverie.
Gaston Bachelard, La terra e il riposo. Un viaggio tra le immagini dell’intimità, Red Ed., Milano, 2007 - Titolo originale: La Terre et les Rêveries du repos. Essai sur les images de l’intimité (1948)
*Dr.ssa Naike Michelon - Psicologa e psicoterapeuta, Docente Responsabile dell’Insegnamento di Tecniche di terapia ecobiopsicologica presso la Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Istituto ANEB. Terapeuta EMDR.