Lezioni Americane. Sei proposte per il prossimo millennio
Italo Calvino
a cura di Dr.ssa Francesca Violi
(Relazione presentata al Complexity Literacy Meeting, Monotematico su Italo Calvino,
13-15 settembre 2024, Abano Terme)
Italo Calvino (1923-1985) è stato uno scrittore e paroliere italiano. Intellettuale di grande impegno politico, civile e culturale, è stato uno dei narratori italiani più importanti del secondo Novecento. Lezioni Americane vengono considerate il suo testamento, esse infatti furono pubblicate nel 1988 postume la sua morte avvenuta improvvisamente nel 1985. Il libro è stato curato dalla moglie Esther Judith Singer detta Chichita.
Scrive Ester: «Il 6 giugno 1984 Calvino fu ufficialmente invitato dall’Università Harvard a tenere le Charles Eliot Norton Poetry Lectures. Si tratta di un ciclo di sei conferenze che hanno luogo nel corso dell’anno accademico (per Calvino sarebbe stato l’anno 1985-1986) all’Università di Harvard, Cambridge, nel Massachusetts. Il termine “Poetry” significa in questo caso ogni forma di comunicazione poetica e la scelta del tema è interamente libera. Questa libertà fu il primo problema che dovette affrontare Calvino, per il quale le regole e le strutture erano così importanti nei suoi lavori letterari». Una volta individuato il tema, ossia i valori letterari da conservare nel prossimo millennio, si dedicò alla stesura dei testi. Al momento di partire, delle sei lezioni, le famose Norton Lectures, ne aveva scritto soltanto cinque, mancava Consinstency, e pure il titolo che divenne Lezioni Americane, Sei proposte (memos) per il prossimo millennio.
È un libro che potremmo definire un classico, un libro da rilegge più volte nella vita. Nelle citazioni faccio riferimento alla pubblicazione del 2022 di Oscar Mondadori. Parto dalla fine del libro, dall’Appendice Cominciare e finire, testo inedito ricavato dai manoscritti preparatori delle Norton Lectures. Con essa apro e chiudo questo viaggio in Lezioni Americane, nel quale volutamente mi soffermo su alcuni singoli passaggi.
Cominciare…
Cominciare una conferenza, anzi un ciclo di conferenze, è un momento cruciale, come cominciare a scrivere un romanzo. E questo è il momento della scelta: ci è offerta la possibilità di dire tutto, in tutti i modi possibili; e dobbiamo arrivare a dire una cosa, in un modo particolare. Il punto di partenza sarà dunque questo momento decisivo (per lo scrittore): il distacco dalla potenzialità illimitata e multiforme per incontrare qualcosa che ancora non esiste ma che potrà esistere solo accettando dei limiti e delle regole (p. 123).
Ecco che nello scrivere, qualunque cosa, anche questo testo, e nel pensare ci si trova proprio di fronte alla scelta e alla necessità di staccarsi dalla potenzialità e dalla totalità, anche di questo libro. Ecco che allora troverete il mio sguardo che scegliendo di citare alcune parti a scapito di altre, potrà forse invogliarvi a leggere il testo intero o accontentarsi di incontrare qualcosa di altro che ancora non esiste…
I cinque memos che propone per il nuovo millennio Calvino sono Leggerezza, Rapidità, Esattezza, Visibilità e Molteplicità. Ogni volta che Calvino affronta i cinque temi definisce un polo attraversando anche il suo opposto, in una danza che, come un pendolo, nel dipanarsi del pensiero e delle immagini, oscilla e mano a mano diminuisce la sua ampiezza, aprendo squarci sull’altrove e su altre dimensioni.
Leggerezza
Apre così: «Dedicherò la prima conferenza all’opposizione leggerezza-peso, e sosterrò le ragioni della leggerezza» (p. 7). Per sostenere le ragioni della leggerezza ricorre al mito di Medusa e Perseo, nel momento in cui l’eroe decapita la testa di Medusa. «Per tagliare la testa di Medusa senza lasciarsi pietrificare, Perseo si sostiene su ciò che vi è di più leggero, i venti e le nuvole; e spinge il suo sguardo su ciò che può rivelarglisi solo in una visione indiretta, in un’immagine catturata da uno specchio» (p. 8).
«Perseo riesce a padroneggiare quel volto tremendo tenendolo nascosto, come prima l’aveva vinto, guardandolo nello specchio. È sempre in un rifiuto della visione diretta che sta la forza di Perseo, ma non in un rifiuto della realtà del mondo di mostri in cui gli è toccato di vivere, una realtà che egli porta con sé, che assume come proprio fardello» (p. 9).
Viene sottolineato, in quel gesto della decapitazione, quanta delicatezza d’animo sia necessaria per essere un Perseo, vincitore di mostri. «Perché la ruvida sabbia non sciupi la testa anguicrinita, egli rende soffice il terreno con uno strato di foglie, vi stende sopra ramoscelli nati sott’acqua e vi depone la testa di Medusa a faccia in giù». Delicatezza che Calvino coglie in questo «gesto di rinfrescante gentilezza verso quell’essere mostruoso e tremendo ma anche in qualche modo deteriorabile, fragile» (p. 10).
Si volta poi verso il romanzo di Milan Kundera L’insostenibile leggerezza dell’essere, nell’«amara constatazione dell’Ineluttabile Pesantezza del Vivere» (p. 11), celebre frase che tutti conoscono.
Di nuovo cadendo nella pesantezza ritorna a Perseo: «Nei momenti in cui il regno dell’umano mi sembra condannato alla pesantezza, penso che dovrei volare come Perseo in un altro spazio. Non sto parlando di fughe nel sogno o nell’irrazionale. Voglio dire che devo cambiare il mio approccio, devo guardare il mondo con un’altra ottica […]» (p. 11).
Prosegue attraversando le scienze, la fisica, l’informatica per tornare alla letteratura, stavolta latina, con Lucrezio e Ovidio. Sintesi di questa movimento di pensiero è l’immagine augurale che egli dona per chi si affaccia al nuovo millennio: «Se volessi scegliere un simbolo augurale per l’affacciarsi al nuovo millennio, sceglierei questo: l’agile salto improvviso del poeta-filosofo che si solleva sulla pesantezza del mondo, dimostrando che la sua gravità contiene il segreto della leggerezza, mentre quella che molti credono essere la vitalità dei tempi, rumorosa, aggressiva, scalpitante e rombante, appartiene al regno della morte, come un cimitero d’automobili arrugginite» (pp. 15-16). A questa immagine aggancia il grande poeta Cavalcanti e poi Dante ricordandoci come egli «anche quando parla di cose lievi, sembra voler rendere il peso esatto di questa leggerezza» (p. 18). E arriva ad esporsi dicendo «La leggerezza per me si associa con la precisione e la determinazione, non con la vaghezza e l’abbandono al caso. Paul Valery ha detto: Il faut etre leger comme l’oiseau, et non comme la plume» (p. 19).
Si addentra in oscillazioni mentali tra melanconia e humour, attraversa il Cyrano de Bergerac, le Mille e una Notte di Galland, Leopardi per ricordare il filo che aveva iniziato a svolgere all’inizio: «la letteratura come funzione esistenziale, la ricerca della leggerezza come reazione al peso di vivere» (p. 30).
Si sofferma per ultimo su Kafka e il Cavaliere del secchio, per concludere la conferenza con la frase: «Così, a cavallo del nostro secchio, ci affacceremo al nuovo millennio, senza sperare di trovarvi nulla di più di quello che saremo capaci di portarvi» (p. 32).
Rapidità
Inizia con una vecchia leggenda di Carlomagno, in cui l’imperatore si innamora di una giovane ragazza dalla quale non riesce più a staccarsene. Nel racconto si susseguono rapidamente una serie di eventi fuori dalla norma. Calvino sottolinea come a tenere insieme questo anello di eventi siano due specifiche parole, e come il ritmo del racconto mimi il desiderio per la fanciulla che animava Carlomagno. Si apre così una finestra sul rapporto ritmo, pause e tempo, terminando con una riflessione sull’esistenza umana: «Il racconto è un’operazione sulla durata, un incantesimo che agisce sullo scorrere del tempo, contraendolo o dilatandolo» (p. 39). «[…] Nella vita pratica il tempo è una ricchezza di cui siamo avari; in letteratura, il tempo è una ricchezza di cui disporre con agio e distacco» (p. 48).
Festina Lente è il motto che sceglie Calvino, “affrettati lentamente”, antica massima latina, rappresentata «come la farfalla e il granchio nella raccolta d’emblemi cinquecenteschi di Paolo Giovio, due forme animali entrambe bizzarre ed entrambe simmetriche, che stabiliscono tra loro un’inattesa armonia. Il mio lavoro di scrittore è stato teso fin dagli inizi a inseguire il fulmineo percorso dei circuiti mentali che catturano e collegano punti lontani dello spazio e del tempo. […] Ho puntato sull’immagine, e sul movimento che dall’immagine scaturisce naturalmente, pur sempre sapendo che non si può parlare d’un risultato letterario finché questa corrente dell’immaginazione non è divenuta parola» (p. 49).
Ammette la predilezione per le forme brevi citandone come maestro Jorge Luis Borges e attraversando Borges atterra sull’Olimpo a «Hermes-Mercurio, dio della comunicazione e delle mediazioni, sotto il nome di Toth, inventore della scrittura, e che, a quanto ci dice C.G. Jung nei suoi studi sulla simbologia alchimistica, come “spirito Mercurio” rappresenta anche il principium individuationis» (pp. 52-53). Viaggia con le ali ai piedi di Mercurio per approdare al suo opposto, «Vulcano-Efesto, dio che non spazia i cieli ma si rintana nel fondo dei crateri, chiuso nella sua fucina dove fabbrica instancabilmente oggetti rifiniti in ogni particolare […] Vulcano che contrappone al volo aereo di Mercurio l’andatura discontinua del suo passo claudicante e il battere cadenzato del suo martello» (p. 54). E dopo un affondo anche su Vulcano li pone uno dinanzi all’altro mostrandone la coniunctio oppositorum e l’inseparabile complementarietà: «Mercurio e Vulcano rappresentano le due funzioni vitali inseparabili e complementari: Mercurio la sintonia, ossia la partecipazione al mondo intorno a noi; Vulcano la focalità, ossia la concentrazione costruttiva». (pp. 53-54).
Esattezza
«La precisione per gli Egizi era simboleggiata da una piuma che serviva da peso sul piatto della bilancia dove si pesano le anime. Quella piuma leggera aveva il nome di Maat, dea della bilancia. Il geroglifico di Maat indicava anche l’unità di lunghezza, i 33 centimetri del mattone unitario, e anche il tono fondamentale del fluato» (p. 59).
Dell’esattezza fermo questa immagine, quella della pesatura dell’Anima e quelle del cristallo e della fiamma, lasciando che sia la curiosità a portarvi a scoprire i riferimenti letterari. «Il cristallo con la sua esatta sfaccettatura e la sua capacità di rinfrangere la luce, è il modello di perfezione che ho sempre tenuto come emblema […] da un lato il cristallo (immagine di invarianza e di regolarità di strutture specifiche), dall’altro la fiamma (immagine di costanza d’una forma globale esteriore, malgrado l’incessante agitazione interna) […] due forme di bellezza perfetta da cui lo sguardo non sa staccarsi, due modi di crescita nel tempo» (p. 71).
Le immagini potenti del cristallo e della fiamma e la loro contemplazione portano Calvino al parlare di esercizi di descrizione, dell’approccio fenomenologico, così importante per lo scrittore, «arte oggi molto trascurata» (p. 74). Ed ecco Parola e Immagine cercare nella mente di Calvino un senso, un rapporto, un equilibrio: «la parola collega la traccia visibile alla cosa invisibile, alla cosa assente, alla cosa desiderata o temuta, come un fragile ponte di fortuna gettato sul vuoto. Per questo il giusto uso del linguaggio per me è quello che permette di avvicinarsi alle cose (presenti o assenti) con discrezione e cautela, col rispetto di ciò che le cose (presenti o assenti) comunicano senza parole» (p. 76).
Come esempio per questo speciale rapporto tra parola e immagine cita Leonardo «Nel foglio 265 del Codice Atlantico” (pp. 78-79) Immagine in chiusura della conferenza che Calvino ci regala e che ci esorta a “custodirla nella memoria il più a lungo possibile in tutta la sua limpidezza e il suo mistero» (p. 79).
Visibilità
Con la conferenza intitolata Visibilità, entriamo nel vivo dell’immaginazione.
C’è un verso di Dante nel Purgatorio (XVII, 25) che dice: «Poi piovve dentro a l’alta fantasia […] Dante capisce che queste immagini piovono dal cielo, cioè è Dio che gliele manda. (…) nei vari gironi del Purgatorio si presentano delle scene: prima sottoforma di bassorilievi […] poi visioni proiettate davanti agli occhi, come voci che giungono all’orecchio, e infine come immagini puramente mentali» (p. 83).
Anche per Calvino diventa fondamentale definire cosa si intende per immaginazione o “alta fantasia”, che hai il potere d’importi alle nostre facoltà e alla nostra volontà […] «Moveti lume che nel ciel s’informa» c’è una specie di sorgente luminosa che sta in cielo e trasmette immagini ideali, formate o secondo la logica intrinseca del mondo immaginario (per sé) o secondo il volere di Dio (o per voler che giù lo scorge) (p. 84). Successivamente passa a definire due tipi di processi immaginativi: quello che parte dalla parola e arriva all’immaginazione visiva (Ignacio de Loyola) e quello che parte dall’immagine visiva e arriva all’espressione verbale (p. 87).
Nomina il Romanticismo e il Surrealismo evidenziando come, in questi movimenti, l’immaginazione assuma un profondo senso di comunicazione con l’anima del mondo (p.89)
Nomina, anche in questo caso, C. G. Jung e l’idea dell’immaginazione come partecipazione alla verità del mondo (p.90), per poi arrivare a Giordano Bruno e la definizione di Spiritus Phantasticus: lo spiritus phantasticus è «mundus quidem et sinus inexplebilis formarum et specierum, un mondo o un golfo, mai saturabile, di forme e di immagini. Credo che attingere a questo golfo della molteplicità potenziale sia indispensabile per ogni forma di conoscenza». (p. 93). Figure di ispirazione, cardini del pensiero dell’Ecobiopsicologia.
Dopo aver toccato la profondità delle immagini, Calvino si ferma e pone una domanda diretta, l’unica in tutto il libro, rivolta proprio al futuro e all’incedere della cultura dell’immagine. «Quale sarà il futuro dell’immaginazione individuale in quella che si usa chiamare la civiltà dell’immagine? Il potere di evocare immagini in assenza continuerà a svilupparsi in un’umanità sempre più inondata dal diluvio delle immagini prefabbricate? Una volta la memoria visiva d’un individuo era limitata al patrimonio delle sue esperienze dirette e a un ridotto repertorio d’immagini riflesse dalla cultura; la possibilità di dar forma a miti personali nasceva dal modo in cui i frammenti di questa memoria si combinavano tra loro in accostamenti inattesi e suggestivi» (p. 93).
Una domanda forte da cui si sposta per ritornare al pensare per immagini: «il potere di mettere a fuoco visioni a occhi chiusi, di far scaturire colori e forme dall’allineamento di caratteri alfabetici neri su una pagina bianca, di pensare per immagini. Penso a una pedagogia dell’immaginazione» (p. 93).
Come non pensare alla ruota di Giordano Bruno?
Molteplicità
Gadda, Joyce, Musil, Proust, Goethe, Queneau, di nuovo Dante, Perec. Sgrovigliando la matassa dell’Io e del Molteplice, per chiudere unendo ancora una volta gli opposti, in una immagine che è sintesi poetica della condizione umana. «Chi siamo noi, chi è ciascuno di noi se non una combinatoria d’esperienze, d’informazioni, di letture, un inventario d’oggetti, un campionario di stili, dove tutto può essere continuamente rimescolato e riordinato in tutti i modi possibili. Ma forse la risposta che mi sta più a cuore dare è un’altra: magari fosse concepita un’opera al di fuori del self, un’opera che ci permettesse d’uscire dalla prospettiva individuale, non solo per entrare in altri io simili al nostro, ma per far parlare ciò che non ha parola, l’uccello che si posa sulla grondaia, l’albero in primavera e l’albero in autunno, la pietra, il cemento, la plastica… Non era forse questo il punto di arrivo di Ovidio nel raccontare la continuità delle forme, il punto d’arrivo cui tendeva Lucrezio nell’identificarsi con la natura comune a tutte le cose? » (pp. 121-122).
…e Finire
«Qualsiasi sia il momento in cui decidiamo che la storia può considerarsi finita, ci accorgiamo che non è verso quel punto che portava l’azione del raccontare, che quello che conta è altrove, è ciò che è avvenuto prima: è il senso che acquista quel segmento isolato di accadimenti, estratto dalla continuità del raccontabile» (pp.137-138).
Sinossi. Definito il suo testamento, Lezioni Americane ci mostra il Calvino maturo che per la prima volta si cimenta con la libertà e una volta individuati i punti cardinali, con la sua modalità di pensiero labirintica che improvvisamente si apre come una linea retta verso l’infinito, si interroga e interroga tutti noi, facendoci oscillare su polarità umane, permettendoci di sentire profondamente la funzione esistenziale della letteratura, della sua letteratura, sempre fedele e rispecchiante il momento storico e ricco di immagini vive.
- Italo Calvino – Lezioni Americane. Sei proposte per il nuovo millennio. Milano: Oscar Mondadori, 2022
Dr.ssa Francesca Violi – Psicologa Psicoterapeuta specializzata presso Istituto ANEB. Terapeuta EMDR. Cultrice di scrittura autobiografica ed esperta nella conduzione di laboratori autobiografici (LUA). Autrice di diversi articoli e scrittrice.