«Dottore, il mio nome è GAIA…»
a cura di Dr.ssa Alessandra Bracci*
Esiste una domanda nelle aule di Ecobiopsicologia che spesso emerge in tutta la sua complessità: “perché ci ammaliamo?”. Come sappiamo, molti studiosi nel corso del tempo ci hanno mostrato come il corpo, sano o malato che sia, “parla” un suo specifico linguaggio strutturato sulle leggi espressive proprie del simbolo, rendendo l’interrogativo ancora più esplicito: cosa vuole comunicare l’inconscio del paziente attraverso la malattia?
La medicina, quasi a voler rispondere meccanicamente ad un protocollo obbligato, ne mette in evidenza l’aspetto della sofferenza e tutti i possibili impatti sul normale funzionamento dell’organismo e dell’individuo. Indubbiamente, queste espressioni manifeste della malattia sono da tenere in considerazione, ma purtroppo questa enfasi clinico-riduttiva corre il rischio di non riuscire a cogliere un altro fattore importante, e cioè che la malattia può rappresentare anche un momento di riflessione e di rivalutazione della situazione esistenziale del paziente.
Lo psicoanalista svizzero C.G. Jung propose una concezione della dinamica fra coscienza e inconscio, quali parti in rapporto dialettico fra loro, quali opposti coinvolti in una danza senza né tempo né spazio nella direzione di una sintesi creativa da lui definita con il termine di individuazione, da non considerare come un “punto di arrivo” tout court, quanto piuttosto come un vero e proprio “processo” che ritrova nel suo sviluppo, movimento ed evoluzione la possibilità di procedere verso la costruzione di una personalità coerente, consapevole delle proprie risorse e delle proprie aspirazioni, in grado di integrare la parte cosciente con quella inconscia, e di integrare se stessa nella rete di relazioni interpersonali e nella società. Lungi dall’essere un percorso intellettuale ed astratto, esso rappresenta una necessità naturale “in quanto impedire l’individuazione, mercé il tentativo di stabilire delle norme ispirate prevalentemente o addirittura esclusivamente a criteri collettivi, significa pregiudicare l’attività vitale dell’individuo”, e si sviluppa attraverso la faticosa conquista di una personalità più matura che ognuno di noi attua passando attraverso resistenze, conflitti, difficoltà, tensioni, strappi, passi in avanti e passi indietro, e anche malattie, sia fisiche che psichiche!
Pertanto, il fenomeno della “malattia” non rappresenta solo il fallimento lungo il cammino verso l’individuazione, ma anche un “passo” necessario ad un rinnovato movimento. In questa prospettiva, il ruolo di “colui che cura” diventa fondamentale non solo nel far recuperare la salute, togliendo o diminuendo il dolore fisico e psichico, ma anche nell’essere capace di “ascoltare le ragioni” della malattia, ossia di sintonizzarsi con la parte più autentica del paziente nel mentre di un cammino alla ricerca della coerenza delle proprie azioni come delle proprie potenzialità. In tal senso, la nuova visione dell’uomo riconosce la centralità del Sé inteso quale “nucleo propulsore” che fornisce uno scopo centrale alla personalità e dà un senso alla vita. Non solo, una visione del mondo che cerchi di ricucire tutti i livelli – il personale, il sociale, il collettivo e lo spirituale – in un modello il più possibile coerente costituisce per l’individuo una necessaria ricerca di ordine espresso non solo nelle vicende umane ma anche nella storia biologica e psicologica del corpo e della mente dell’uomo che, Diego Frigoli, introduce con la teoria del Sé psicosomatico quale archetipo dell’ordine affermando che ogni essere umano possiede in se stesso il senso di una profonda unità che trascende l’Io e che lo definisce come entità individuale assolutamente unica e irripetibile.
Ai tempi del Coronavirus, il paziente che pone la domanda di cura è un po’ particolare, è un paziente che tutti noi conosciamo. Il paziente è GAIA, il nostro pianeta Terra, che in queste ultime settimane ha manifestato una “malattia” che nella sua drammaticità esprime la crisi, la tensione, l’unilateralità che sta dominando il sistema nel suo complesso, una “malattia” che porta con sé un duplice “messaggio”: da un lato denuncia il problema e dall’altro propone una soluzione. Il COVID-19 ha acutizzato il già precario stato di salute e di equilibrio del sistema e, cosa interessante, in poche settimane ha ottenuto più risultati nella riduzione delle emissioni di CO2, che non anni di conversazioni, summit, convegni e trattati sul clima. Quale nesso sussiste fra la pandemia di Coronavirus ed i cambiamenti climatici? È possibile intravedere un legame di senso anche con il nostro sistema alimentare, l’agricoltura, l’allevamento degli animali?
È una pandemia che va ben oltre una crisi sanitaria per quanto critica ed estesa a livello globale. È un pandemia che affonda le sue radici nel modo in cui l’attuale e dominante cultura espansionistica e consumistica ignora i limiti della reale capacità biologica del nostro pianeta sfruttandone in modo prodigo e capriccioso le risorse vitali, mentre utilizza insufficientemente le capacità umane. È una pandemia che ci costringe a guardarci allo specchio per prendere coscienza del nostro comportamento e del connesso impatto sul sistema. Come affermava George Bernard Shaw: “Ecco la vera gioia della vita: essere adoperati per uno scopo che noi stessi riconosciamo degno di essere raggiunto; … essere una forza della natura anziché una febbricitante ed egoistica zolletta di alimenti e di dispiaceri che si lamenta perché il mondo non si dedica alla ricerca della tua felicità”. L’invito è esplicito: siamo disposti, individualmente e collettivamente, a compiere sacrifici personali a beneficio della totalità? Ad attivare un movimento interiore da una visione Ego ad una Eco? A connetterci alla nostra umanità più profonda, per scoprire chi siamo veramente e che cosa vogliamo diventare come società?
Siamo costantemente orientati a soddisfare i nostri desideri e obiettivi egoistici, siamo primariamente impegnati a vedere e costruire un mondo secondo le logiche umane senza chiederci come potremmo contribuire alla Vita sviluppando la capacita di servire ciò che tende ad emergere. Agiamo come se l’evoluzione si fermasse con noi, come se l’obiettivo ultimo del progetto della Natura fossimo noi. Come potremmo sostenere uno scopo più ampio? Come potremmo contribuire ad una comprensione più profonda della vita? Occorre recuperare la vera centralità e totalità della coscienza umana, grazie ad un uomo non più estraneo alla conoscenza delle regole della Natura e alla comprensione delle sue funzioni. Se nel passato l’uomo ha dovuto proteggersi dalle forze della Natura, oggi è la Natura che deve essere protetta dall’uomo. I paleontologi hanno rilevato cinque estinzioni di massa nel corso degli ultimi 500 milioni di anni (cioè dall’evoluzione delle piante e animali terrestri) compresa l’estinzione dei dinosauri risalente a 65 milioni di anni fa e le stime, basate sugli attuali tassi di estinzione espressi attraverso la deforestazione e la distruzione di alcuni habitat, indicano che la Terra si trova nel pieno della sesta estinzione di massa. Tuttavia, l’estinzione in corso è unica nel suo genere sia per la sua ampiezza sia per le sue cause: mentre le precedenti estinzioni sono state causate da fenomeni fisici naturali, quella in corso è, per la prima volta, connessa alle attività di una sola specie: l’Homo sapiens. La situazione critica che minaccia la sopravvivenza stessa della specie umana, ossia il tema della sostenibilità della vita sulla Terra, non è più solo una preoccupazione legata alla dimensione ambientale, ma si estende inevitabilmente ad altri contesti caratterizzati dalla sfida di costruire e nutrire società e comunità sostenibili.
Ed è proprio in questo tempo di attesa, di sospensione che è possibile cogliere l’opportunità per riflettere su ciò che è essenziale nella nostra vita; per sintonizzarci sulla dimensione più profonda delle nostra umanità; per immaginare nuovi modi di vivere e lavorare; per immaginare modi nuovi di gestire i nostri sistemi economici, politici, educativi in modo che possano andare maggiormente in profondità e trascendere le divisioni ecologiche, sociali, spirituali al fine di realizzare una “economia vivente”, ossia una economia capace, attraverso il suo stile di vita, le sue imprese, le sue strutture fisiche, le sue tecnologie e la sua politica di non interferire con la capacità insita nella Natura di sostenere la vita e di produrre i cambiamenti necessari per consentire agli uomini di vivere in vera armonia e in equilibrio fra loro e con la Terra. Sul piano epistemologico, ciò significa che il luogo profondo dell’irrazionale diventa “immagine” permettendo il passaggio dall’invisibile al visibile, favorendo quella trasformazione che è del tutto simile a quella che accade nell’ambito dell’individuo quando si orienta nella dimensione del proprio archetipo dell’ordine: il Sé Psicosomatico.
GAIA sta narrando la sua storia, volge lo sguardo e penetrando il vissuto di miliardi di anni, sta esprimendo il conflitto di questo Tempo; scende scende scende sempre più in profondità nel suo dolore, osserva le ombre che l’hanno resa strumento per servire qualcosa di diverso dalla Vita, attraversa gli Elementi alla ricerca della sua dimensione più autentica, alla ricerca della “fonte” archetipica; passo dopo passo si libera dei fardelli caricati nel corso del lungo viaggio. Ecco, intravede la “soglia”, le ali del Sogno la invitano ad oltrepassare quella sottile “membrana” per accedere ad una rinnovata lettura del flusso della Vita entro il quale è costantemente immersa. La Luce della Rinascita si schiude in lei sussurrando l’essenza di una rinnovata visione.
È tempo di una nuova GAIA, è tempo di nuovo cammino.
Bibliografia
Capra F., Luisi P. L. (2014). Vita e Natura. Una visione sistemica. Sansepolcro: Aboca
Frigoli D. (2017). L’alchimia dell’anima. Roma: Edizioni Magi
Jung C. G. (1968). Tipi psicologici. Torino: Boringhieri
Senge, P., Scharmer C. O., Jaworski, J., Flowers, B. S., (2013). Presence. Milano: FrancoAngeli
*Dr.ssa Alessandra Bracci - Manager presso una multinazionale automotive e vincitrice di premi nazionali ed internazionali nel marketing. Capo Redattore della rivista MATERIA PRIMA - Rivista di Psicosomatica Ecobiopsicologica. Autrice di pubblicazioni in ambito scientifico.