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Forme e origini dell’energia: alcune riflessioni sulla vitalità umana

06 Giugno 2020

Forme e origini dell’energia: alcune riflessioni sulla vitalità umana

Genesi 2,7-22

“ allora il Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente”

La Genesi descrive così il dono della vita, un avvenimento che può realizzarsi alla presenza di tre elementi contemporaneamente manifesti: Dio, la polvere della terra e il soffio. In questo modo il Cristianesimo, una delle religioni più antiche e diffuse al mondo, spiega la creazione dell’Uomo: la polvere trova forma e prende vitalità grazie alla volontà di Dio.

La cultura cinese utilizza il termine/ideogramma “Qi” per riferirsi al “soffio cosmico”, esso esprime tutte le energie fondamentali dell’Universo, come le energie esteriori (vento, caldo ecc) ma anche e soprattutto le energie dell’uomo quale, ad esempio, l’impulso di un viscere. Il concetto di Qi racchiude in sé una moltitudine di manifestazioni: esso può assumere differenti forme e svariati gradi di specializzazione, tutti derivanti da un’unica fonte di energia. Esso viene meglio descritto come energia in movimento che pervade il corpo in modo intangibile e come colui che tutto anima; è descritto, inoltre, in modo analogo alla Fisica, come una forza capace di far coesistere i fattori costitutivi della materia (elettroni, protoni e neutroni dell’atomo). Per meglio comprendere e collocare questa “forza” è bene contestualizzarla all’interno della tradizione taoista secondo la quale l’uomo è costituito da tre “tesori”, oltre al Qi si hanno, dunquelo Jing e lo Shen.

Lo Jing è ritenuto la materia prima che compone, una sorta di energia ancestrale ed ereditaria. Questa energia viene definita, infatti, come ”materia prima che si tramanda”, tant’è che viene identificata da alcuni nel DNA e, allo stesso tempo, essa viene a coincidere con l’energia che si consuma con il tempo ed è mediata dall’ambiente (aspetto dell’RNA). 

Lo Shen, ovvero lo Spirito, è il direttore d’orchestra capace di organizzare tutte le attività “sottili” dell’uomo, colui che viene riconosciuto come il legame dell’Uomo con il Cielo. Questa tripartizione fa parte in realtà di una ben più ampia classificazione e concezione delle energie vitali e della natura dell’uomo stesso che comprende, fra le altre, un’energia di difesa, una data dalla nutrizione e l’energia Xue, il sangue.

A questo punto appare più chiaro, come spiegato dalla citazione biblica iniziale, come nella tradizione cristiana si ritrovi una concezione dell’energia solo apparentemente distante da quella orientale; grazie alla testimonianza di Gesù, corpo, anima e spirito divengono nell’uomo “uno e trino” posizionando, così, l’essere umano sul podio degli esseri viventi in quanto espressione a più dimensioni della volontà/energia divina.

Alla luce di ciò, si può descrivere l’uomo come manifestazione di energia che ha forma e qualità differente a seconda del livello osservato: l’essere umano ha, infatti, una base fisica e concreta (la composizione chimica e le funzioni biologiche), una dimensione soggettiva che si eleva da quella fisica (emozioni ed immagini) e una dimensione di spirito direttamente legata al Sé (aspetto simbolico e universale).Cercando di tradurre quanto delineato fino ad ora in una dimensione psicologica, sembra che l’Uomo viva grazie ad una riserva di energia, da cui egli stesso proviene, e che si esprime, in lui e nell’Universo, in diverse forme e qualità. A questo punto due sono le domande, tra le tante, che è importante porsi per una maggiore comprensione del funzionamento dell’essere umano: 1) qual è questa fonte di energia primaria e che caratteristiche abbia e 2) cosa accade quando una o diverse forme di energia vengono a mancare.

Se si potesse avere una risposta esaustiva alla prima domanda, essa rivelerebbe il segreto della vita e della formazione dell’Universo; la risposta alla seconda domanda, invece, declinata su tutti i livelli esistenti, permetterebbe di spiegare non solo le malattie umane ma tutto ciò che viene considerato una disfunzione a livello di sistema micro e macro, sia esso un sistema biologico, sociale, culturale ecc.. Ogni fenomeno, cioè, potrebbe essere spiegato in termini di disfunzione energetica (mancanza, surplus, deviazione, dispersione ecc.). Basti pensare a questo esempio molto semplice ma che ha efficacia esplicativa sia realistica che simbolica, il funzionamento di una lampadina:

  • Per accendere la lampadina è necessario dare un apporto adeguato di energia elettrica, se l’energia è troppa la lampadina si brucia, se l’energia è troppo poca la luce non si accende.
  • Dopo molti utilizzi, inoltre, la lampadina si romperà o cesserà di funzionare al meglio per via del deperimento dei materiali di cui è fatta.
  • Deve essere presente una fonte di energia elettrica che permetta alla lampadina di accendersi.

In molti stati di malessere psicologico risulta maggiormente evidente quanto sia presente un mal funzionamento dell’energia; fra tutte, la depressione (disturbi dell’umore) è probabilmente la patologia in cui più chiaramente è visibile la presenza di una disfunzione energetica.  

La depressione viene spesso avvertita come mancanza di energia, stanchezza immotivata, perdita dell’appetito, umore abbattuto,  perdita della gratificazione, perdita della libido ecc., tutti sintomi che richiamano immagini e azioni simili tra loro, come ad esempio, andare verso il basso, cadere giù, sentirsi pesante e immobile. Nella depressione bipolare, così come in molte sintomatologie ansiose, sono poi presenti sintomi di agitazione in cui l’energia appare in surplus in un certo periodo o in un certo ambito e viene dispersa o utilizzata in modo rigido e disfunzionale per il soggetto (basti pensare all’energia catturata dalla ruminazione dei pensieri ossessivi); qui le immagini richiamate possono essere quelle di una ruota che gira velocemente, un recipiente che straborda, un affollamento di cose ecc.

Rispetto all’energia Jing, inoltre, è poi possibile una lettura analogica dell’eziologia depressiva legata allo scorrere del tempo nel corpo (invecchiamento e diminuzione della forza fisica), così come di una trasmissione intergenerazionale di modalità energetiche (prendendo l’esempio della depressione, è risaputa la componente genetica e familiare come predisposizione a reazioni ansiose e depressive).

La stessa “visione” può essere attuata nella lettura delle dinamiche familiari: mantenendo come focus la famiglia, con le sue entrare e uscite di energie e le relative disfunzioni si possono interpretare le differenti situazioni; ad esempio, uno dei membri può essere investito delle energie famigliari a discapito di un altro, oppure può essere presente uno scarso investimento energetico in certe aree (ad esempio quella dell’autoaffermazione) a discapito di altre (ad esempio quella dell’aiuto reciproco).

Quanto detto per le patologie psichiche e relazionali non può che ripetersi in modo analogo nelle malattie psicosomatiche come ulteriore espressione di un mal funzionamento dell’energia che si esprime con una incapacità del malato di esprimere con le parole le proprie emozioni e di scaricare l’energia stessa attraverso la parola. Nelle malattie corporee, infatti, le emozioni non trovano spazio nella vita psichica (ultravioletto) ma divengono materiali subendo una trasformazione energetica che le vede passare dal sangue (sede, sottoforma di umori e messaggeri biochimici, delle emozioni primitive) all’organo corrispondente (per approfondire vedi Wu-Hsing).

Quanto detto sull’energia si può ritrovare a specchio nell’immagine Junghiana che spiega schematicamente, attraverso la metafora dell’infrarosso e dell’ultravioletto, il rapporto esistente nell’uomo tra mondo biologico e mondo psichico. L’energia appare ad un estremo come materia e all’altro estremo, invece, come immagini archetipiche e mondo del simbolico; nell’incontro tra questi due poli ideali l’Io si destreggia, spinto, si spera, a intraprendere un percorso spesso difficile da intravedere ma sapientemente preparato dal Sé (nucleo archetipico che lega l’Individuo al Cosmo). L’energia si pone, dunque, come fattore integrativo implicito. Frigoli D. afferma: “per definire la realtà archetipica si tratta di andare oltre le nozioni di materia psiche a favore di una nuova dimensione che permetta di integrare in un’unità tutte le espressioni vitali dell’umanità, sia che si manifestino sul piano biologico, che psichico che spirituale”. (La Fisica dell’Anima, p.65) L’ecobiopsicologia, alla luce dei moderni sviluppi della fisica quantistica, definisce “Sorgente Informativa” l’insieme di quelle connessioni che permettono il mantenimento di un universo ordinato inteso nelle sue molteplici forme (dalle galassie alle molecole, dagli organi alle cellule e alla coscienza individuale e collettiva); a seconda del punto di vista adottato si può esperire l’aspetto energetico dell’infrarosso (osservazione esterna) oppure l’aspetto dell’ultravioletto (osservazione interna).

Quanto esposto fino ad ora può essere ritenuto un tentativo di rispondere alla seconda domanda, o quanto meno di accennare a delle possibili riflessioni; rimane in sospeso, però, la questione più spinosa riguardante la provenienza e la natura della fonte di energia primaria, che equivale esattamente a chiedersi in cosa consista la vita stessa. Si potrebbe pensare, a questo punto, che la vita sia energia che si esprime in modi e livelli infiniti ma, a mio avviso, ciò non basta.

Scrive Nathan T.*: “La presenza abituale di Dio, sotto forma del suo soffio, assicura semplicemente la permanenza della vita. Perché risulta evidente, del resto, che gli umani non possiedono una vitalità indipendente”. Le affermazioni dell’autore derivano da un discorso etnopsichiatrico sulle possessioni. Secondo l’autore, gli Spiriti sono essere privi della possibilità di trasmissione, di tramandare un loro linguaggio e una loro cultura, sarebbero intenzionalità pura priva di un mezzo con cui tramandare e iscriversi, così, nella temporalità. L’uomo, dal canto suo, ha invece questa possibilità ma è alla ricerca continua di vitalità ovvero di uno scopo, un valore, una volontà. Ecco che le possessioni sono definite come modalità che l’uomo utilizza nel momento in cui risulta assente la “volontà propria”, la quale viene definita, a sua volta, come connessione al soffio vitale, contatto interiore con Dio. Senza la volontà propria, gli esseri sarebbero “esposti , per questo, a tutte le pressioni, i desideri, le forze di cui pullula il mondo”. La possessione, dunque, verrebbe utilizzata per ricercare una presenza che non c’è più, una volontà che si è persa; semplificando, ciò che accadrebbe nelle possessioni, è uno scambio che procura a entrambe le parti un vantaggio: gli spiriti che possiedono ricevono la possibilità di comunicare e di trasmettere il loro linguaggio, la persona posseduta riceve in cambio un “pacchetto” di vitalità. Ecco a questo punto che la volontà si pone come anello di congiunzione tra ciò che è vivo e ciò che è morto, tra anima e spirito, tra Uomo e Dio.

A questo punto, vitale è ciò che possiede un’energia organizzata e finalizzata e questa energia è trasmessa da Dio all’Uomo tramite lo spirito, il quale, nel momento stesso in cui discende nell’essere umano, diviene libero arbitrio, possibilità di scegliere e decidere per sé. Traducendo in termini ecobiopsicologici, l’archetipo del Sé si declina nell’umano come strada da seguire per esprimere in modo autentico ciò che ogni essere umano è, in quanto essere individuale e allo stesso tempo facente parte di un Cosmo; per fare ciò, egli ha a disposizione differenti strumenti (la biologia, la cultura, la storia così come l’intuito, la percezione, l’intelligenza ecc.) di cui il principale è costituito dall’Io, struttura organizzatrice e mediatrice.

Compito dello psicoterapeuta è proprio quello di ampliare il più possibile i gradi di libertà del paziente, obiettivo che richiede un lavoro sulla consapevolezza e che è intrinsecamente una tendenza a, in quanto la libertà di ciascuno è inevitabilmente mediata da differenti fattori. Volontà e direzione risultano, così, due qualità strettamente connesse: dove è una, vi è l’altra. Volere implica l’andare verso uno scopo, ovvero, organizzare l’energia verso una meta. L’energia sarebbe, a questo punto, sempre intenzionale e pertanto portatrice di vitalità, capacità di scelta libera; ancora una volta si ripete la legge junghiana della dualità degli opposti nella dialettica tra destino e libertà, tra collettivo e individuale. Il terapeuta può così assumere il ruolo di Io vicario e accompagnare il paziente in questo cammino dove non esistono certezze assolute ma soltanto verità simboliche e dove l’energia, che nella malattia pare disperdersi o bloccarsi, in realtà rimane sempre potenzialmente riattivabile, in quanto: “Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”, celebre frase pronunciata dal famoso chimico, biologo, filosofo del ‘700 Antoine-Laurent Lavoisier.

 

* Tobie Nathan (Il Cairo1948) è uno psicanalista, scrittore e diplomatico francese.  Cit. da “La cura degli altri” p. 171

 

Bibliografia e sitografia

Attanasio L., Casadei F. e altri, La cura degli altri: seminari di etnopsichiatria (a cura di), Armando Editore, 2005 Roma 

Beck Aaron T., La Depressione, Bollati Boringhieri, Torino 1978

Bonanomi F., Introduzione al Pensiero e alla Medicina Classica Cinese, Bellavite, Missaglia  2015

Frigoli D., La fisica dell'anima, Paolo Emilio Persiani, Bologna, 2013

Frigoli D., L’alchimia dell’anima, Edizioni Magi, Roma 2017

Frigoli D., Il linguaggio dell’anima, Edizioni Magi, Roma, 2016