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La Temperanza tra psiche e corpo

La Temperanza tra psiche e corpo

*A cura di Costanza Ratti, psicoterapeuta ANEB

Quante volte la vita ci pone dinnanzi a una sfida che ci costringe a formare o riplasmare il carattere per renderlo sempre più profondamente rispettoso della nostra natura più intima, spontanea e creativa…? In quei momenti così delicati in cui, dopo il tumulto più o meno intenso, il disorientamento più o meno doloroso che accompagna il cambiamento, finalmente si affaccia, sulla terra ormai smossa e dissodata, il germoglio, in quei momenti può giungere come un’acqua che lenisce, la temperanza.

Temperanza viene dal latino temperare. I romani temperavano/miscelavano il vino con l’acqua per renderlo meno forte seguendo delle precise proporzioni. Il verbo significa dunque combinare in giuste proporzioni, mitigare, addolcire, armonizzare con un preciso riferimento alla giusta misura, al giusto mezzo. In questo senso la temperanza indica una qualità capace di attrarre gli eccessi verso un centro, di contenere i limiti più esterni di un’esperienza emotiva verso livelli più vivibili e tollerabili, di far convergere le idee diverse verso un’intuizione complessiva, con la stessa forza e naturalezza di una mamma che accarezza il suo bambino per fagli sentire profondamente il suo confine e favorire così l’aggregazione dei suoi stati psicofisici ancora disorganizzati dentro una dimensione armonica. La capacità della temperanza di mitigare gli eccessi è resa da Dante con l’immagine di una sottile coltre di vapori umidi che consentono di rimirare il sole del mattino senza esserne accecati (“Io vidi già... la faccia del sol nascere ombrata, Sì che, per temperanza di vapori, l'occhio la sostenea lunga fiata; Dante, Purgatorio Canto 30, 22-27). Ma nel verbo è presente anche la radice di tempus, tempo che allude a un fluire ritmato, cadenzato, goccia a goccia. Si fa strada l’immagine di uno scorrere in movimento simile a quello dell’acqua che, dopo il vorticoso incedere della cascata, è arrivata a valle e fluisce placida tra i sassi.

Nei tarocchi la Temperanza corrisponde al quattordicesimo arcano ed è raffigurata da una donna bionda e alata, con una veste variopinta che versa il contenuto di una brocca argentea in una brocca dorata. L’acqua che scorre dall’una all’altra, nella lettura del simbolo, è rappresentazione del fluido vitale capace di rivivificare gli esseri e di rigenerarli; così il fiore piegato verso il basso a sinistra dell’angelo, espressione di uno spirito affaticato, è ciò che verrà nuovamente irrorato, “per permettergli di resistere agli ardori del giorno” (Wirth, 1966, p. 204).

Le due anfore corrispondono, secondo Wirth (1966), a due diversi involucri psicofisici attraverso cui scorre il principio vitale nell’uomo. Quello d’argento, che la donna tiene nella mano sinistra, sarebbe il regno del sentimento, delle impressioni sensitive raffinate, dell’inconscio, dell’immaginazione; quello dorato, nella mano destra, avrebbe invece a che fare con la coscienza diurna, la ragione, l’intelligenza, l’energia promossa volontariamente e indirizzata a un obbiettivo. Il primo movimento dell’acqua scorre dal vaso d’argento a quello d’oro suggerendo il passaggio da percezioni sensoriali ed emotive diffuse e vissute nell’hic et nunc ad uno spazio dove quest’ultime possono ad addensarsi sotto la spinta della coscienza illuminante. Ma è evidente che il moto dell’acqua può anche risalire in senso inverso e ritornare, con un secondo movimento contrario alla forza di gravità, nella brocca d’argento dove le emozioni condensatesi possono produrre, sotto la spinta della soffusa luce lunare, un’immagine d’anima la cui portata simbolica complessiva potrà poi essere nuovamente distillata nell’urna dorata e così via. Oltre che evocare il processo dell’immaginario attraverso cui l’individuo mette in comunicazione anima e spirito, questo continuo scambio può fare riferimento all’elaborazione degli stimoli da parte dei due emisferi cerebrali destro e sinistro (che muovono le rispettive parti simmetriche del corpo), ciascuno dei quali è deputato ad una precisa visione della realtà: sintetica, complessiva, atemporale (il destro, vaso d’argento), analitica, logica, temporale (il sinistro, vaso d’oro).

Come studiosi di ecobiopsicologia sappiamo infatti che ogni simbolo ha anche un correlato fisico, ogni archetipo ha anche un’espressione nella physis. Come si manifesta allora la temperanza nel corpo umano? Il fluire del liquido da un vaso all’altro sembra descrivere nel nostro organismo il meccanismo di regolazione e ridistribuzione della massa dei liquidi che avviene tra il sistema circolatorio sanguigno e il sistema linfatico.

Il sistema linfatico è un articolato sistema di vasi che, correndo parallelamente al sistema circolatorio, garantisce il drenaggio dei liquidi in eccesso rilasciati nei tessuti dal sistema circolatorio e li convoglia, attraverso il dotto toracico e il dotto linfatico destro, nuovamente nel flusso sanguigno. La linfa è il liquido che contiene i prodotti di scarto delle cellule ma è anche ricco di zuccheri, proteine,sali, lipidi provenienti dall’intestino, amminoacidi, ormoni, vitamine, globuli bianchi. Prima di essere immessa nel sangue, la linfa viene depurata di germi e sostanze nocive in alcuni punti di giunzione, detti linfonodi, dove vengono anche prodotte e trasformate le specifiche cellule deputate alla loro neutralizzazione, i linfociti.

Potremmo dire che sul piano infrarosso la temperanza è quel fluire vitale cadenzato dell’organismo in cui la linfa con le sostanze raccolte e purificate durante il tragitto (vaso d’argento) travasa i suoi nutrienti nel sangue (vaso d’oro) che a sua volta grazie al sistema circolatorio le distribuirà ai tessuti in un movimento circolare che opera ritmicamente la funzione dell’accrescere e quella del distillare. Così sul piano dell’ultravioletto la temperanza è quella funzione in cui lo scambio tra la dimensione lunare immaginativa e quella solare individuativa opera una costante amplificazione e condensazione dei contenuti psichici secondo la misura propria del vivente. Il circolo e ricircolo tra i due è costante e crea una forma di equilibrio dinamico, analogo al ciclo dell’acqua in cui “nulla si crea e nulla si distrugge ma tutto si trasforma” (A. Lavoisier). Non c’è infatti né dissipazione, né incremento, come invece accade nella successiva carta delle stelle (17) dove a un’acqua che scorre inesauribile corrisponde un fiore rosso aperto verso l’alto; la temperanza evoca dunque il fluire della vita nel suo ritmico scorrere che assicura equilibrio e la progressiva specializzazione delle molteplici forme della vita, ancora in una fase iniziale in cui lo spirito ha da essere rivivificato lungo il percorso.

Tornando al simbolo raffigurato nella carta dei tarocchi va poi notato che l’angelo della temperanza presenta una fisicità femminile ma non spiccatamente sessuata, ad indicare l’universalità del principio vitale collettivo e presenta un abbigliamento caratterizzato da vari colori che alludono alle tre dimensioni dell’uomo. Seguendo la simbolica alchemica dei colori, l’abito rosso rappresenta l’attività spirituale interiore, il mantello azzurro raffigura la serenità animica e la tunica verde esprime la spinta alla vitalizzazione.

Significativo è poi il disco solare che la donna reca sulla fronte, un simbolo presente anche in altre carte dei tarocchi (la Giustizia VIII e il Giudizio XX) che indica la funzione del discernimento e si esplica in questa carta come capacità di discriminare, ripartire, coordinare le forze vitali secondo misura. Il termine greco per temperanza usato da Platone, sophrosyne, sembra rispecchiare lucidamente questa idea, dove sos significa sano, saggio, buono, phren diaframma, petto, cuore; dunque si tratterebbe letteralmente di una saggezza del diaframma, un discernimento che riguarda le funzioni e gli organi vitali. Peraltro, va notato che poiché la funzione del diaframma è propriamente quella di separare (l’alto dal basso, cavità toracica da cavità addominale ecc.), nella temperanza è presente la qualità di un tenere insieme mediante il giusto limite, dunque la qualità che assegna a ciascuna parte il suo spazio e la sua funzione.

Nella sequenza delle carte dei tarocchi la Temperanza si colloca nella terza posizione della cosiddetta sequenza femminile o ionica, chiamata anche iniziazione passiva o mistica. Le carte dei tarocchi infatti sono divise in due serie (1-11 e 12-21/0) che descrivono due diversi modi – maschile e femminile – di procedere nell’evoluzione della coscienza. “La prima maschile è stata messa in relazione con il principio alchemico della cosiddetta “via secca”, quella che consente all’operatore di raggiungere il completamento dell’Opera in modo tanto rapido quanto pericoloso; la seconda, femminile, con la “via umida”, che è quella lunga, laboriosa a e progressiva, durante la quale l’operatore attraverso la serie di operazioni descritte in tutti i testi dell’alchimia gradualmente affina la propria coscienza per giungere alla comprensione del Grande Arcano” (Ottolenghi, 1999). La temperanza, con il suo richiamo simbolico al fluido vitale, è uno degli archetipi della via umida che si colloca dopo la carta della Morte e prima della carta del Diavolo. Come afferma Ottolenghi (1999), “la sequenza delle carte non è casuale ma risponde a criteri di tipo evolutivo sia sul piano della filogenesi che su quello dell’ontogenesi”. In questo spazio non è possibile proporre un’analisi dettagliata della sequenza evolutiva simbolica dei tarocchi, ma si può per lo meno mettere in luce il valore della temperanza come momento di rigenerazione psichica dopo il cambiamento che, come sappiamo, opera un tale scombussolamento interiore da essere vissuto internamente come una piccola morte. La morte nella sua accezione positiva crea uno spazio vuoto per una nuova vita e la temperanza sopraggiunge ad alimentare ritmicamente e con misura il terreno su cui essa possa rigermogliare. La carta del diavolo subentra successivamente a operare un nuovo rivolgimento che, separando e delimitando la vita, la sospinge verso un’ulteriore soggettivazione.

Ma, al di là della progressione temporale, la temperanza, in quanto archetipo e spinta vitale ad armonizzare, è attingibile in ogni fase della vita, perché come afferma Platone nella Repubblica: “Allora avevamo visto giusto poco fa, paragonando la temperanza a una specie di armonia? - Che vuoi dire? ? Che qui non è come per la sapienza e il coraggio, che rendono lo Stato coraggioso e sapiente pur trovandosi in una parte di esso. La temperanza si estende a tutta la Città, creando armonia tra i più deboli, i più forti e quelli che stanno in mezzo (431 e, 432a)”.

 

Bibliografia

Cavallari G., Breno M., Michelon N., Menegola L. (2020), L’armonia nel dolore, La biblioteca di Vivarium, Milano.

Frigoli D. (2019), I sogni dell’anima e i miti del corpo, Edizioni Magi, Roma.

Ottolenghi D. (1999), Psicosomatica degli arcani dei tarocchi, Appunti dal congresso nazionale SIMP, Università di Siena, 1999.

Platone, La Repubblica, Biblioteca universale Rizzoli, Milano 1999.

Wirth O. (1966), I Tarocchi, Edizioni Mediterranee, Roma 1997.