Le due Madri
di Costanza Ratti
Una luce calda, avvolgente, soffusa, in cui prevalgono i toni bruni e le tonalità dell’ocra chiare e scure con chiazze luminose di bianco. Un’ambientazione rurale, semplice e appartata, dove timidamente si svolge il mistero della vita. Una corrispondenza quasi simmetrica tra le due coppie di amor materno…
Guardando “Le due madri” di Segantini alla Galleria d’Arte moderna di Milano, un capolavoro dell’arte simbolista e divisionista, ne ho percepito un’intensità particolare, come se non solo la psiche fosse attratta ma persino il corpo partecipasse della calma energia dell’opera.
Intanto, le madri sono due, scelta pittorica apparentemente semplice ma di grande impatto, poiché la stessa esperienza si rispecchia nel mondo umano e in quello animale rafforzando il contenuto simbolico e vitale sottostante a entrambe. Come là, qua. Come la mamma con il bambino, la mucca con il vitello. Se volessimo trovare un equivalente pittorico dell’analogia vitale, tanto cara all’ecobiopsicologia, la proporzione tra due coppie di elementi, anche di ordine diverso ma accomunate da un medesimo ritmo simbolico (anà - logos) che genera un sentimento di stupore, questo dipinto ne sarebbe una mirabile esemplificazione.
Persino la posa delle due coppie è simile, quasi simmetrica: le gambe della sedia su cui è seduta la donna simulano le zampe posteriori della mucca e le teste delle due madri sono rivolte in direzioni opposte rispetto a quelle dei figli, di modo tale che il contatto tra i due non avviene tramite lo sguardo diretto, ma solo attraverso il calore dei corpi vicini.
La scena potrebbe ritrarre il riposo dopo la poppata, come sembrano indicare le mammelle della mucca, non più rigonfie. Ciascuno dei personaggi è assorto in una appagata intimità in cui il corpo, quietata l’urgenza del bisogno e l’eccitazione del procurarselo o del darlo, può cedere al riposo e godere della sua individuale pienezza. Gli occhi chiusi della donna e del bambino sembrano il segno di quell’abbandono, così come il quieto occuparsi d’altro, nella coppia di animali, rimanda a quel poter stare in sé come principio d’essere individuato nel corpo. La mamma tiene la mano sinistra sul cuore del bimbo come volesse regolarizzarne il battito con la sua pressione, mentre con la mano destra ne contiene il limite più basso, gli arti inferiori e i visceri, in un atto di delicata protezione.
Tutto il quadro rispecchia così finemente il naturalismo del mondo rurale – Segantini ne fece esperienza profonda e sentita durante il suo soggiorno in Brianza tra il 1882 e il 1886 – che lo spettatore viene trascinato fin nel cuore del momento, in un coinvolgimento che è fisico e psichico insieme. È questo, infatti, uno dei principi della corrente simbolista di cui anche lo stesso Segantini fu esponente: rimandare a, evocare qualcosa d’altro, condurre chi guarda dietro l’apparenza delle cose, a una realtà più sottile fatta di emozioni, sentimenti, percezioni, stati d’animo, quella infinita varietà di sfumature dell’umano che rendono la fruizione dell’opera d’arte un’esperienza globale. Così, infatti, scriveva Segantini: “l'arte moderna deve dare delle sensazioni nuove, perciò ci vuole nervi di finissima delicatezza che radoppino le piú lievi impressioni. Ciò che si vede si deve sentire e riprodurre con vita personale. Sotto il penello la gamma deve scorrere smaliante e deve far nascere gli ogetti le persone le linie, il colore deve essere intenso ma puro perche la luce sia profonda e viva. Ci vuole evocazione continua continuo miraggio. Il vero cosidetto si deve oltrapassare“ (Segantini, 1970, p. 40).
L’intensità del quadro è ulteriormente rafforzata dall’uso della tecnica divisionista mista a quella tradizionale. Pennellate corpose e robuste, tratti disgiunti e ravvicinati, nonché l’uso dei colori puri direttamente sulla tela, conferiscono una particolare materialità al dipinto risvegliando sensazioni somatiche in chi guarda, oltre che allusioni simboliche. L’effetto delle pennellate frastagliate e sovrapposte è quello di creare un senso di movimento e vibrazione ai diversi elementi rappresentati. Previati definiva la tecnica divisionista come “scomposizione dei colori tendente a ricavare delle vibrazioni luminose” (Previati, 1906, p. 284).
E in effetti non è solo il riverbero della luce della lanterna a risultare verosimile, tanto da sembrare di scorgerne il tremolio, ma anche i corpi appaiono intessuti della stessa vibrazione e assumono una consistenza e una vitalità particolare. Scrivono Lowen e Lowen: “Guardate un bambino piccolo che dorme e vedrete leggeri tremiti attraversare la superficie del suo corpo e piccoli sussulti in diverse parti sul viso specialmente, ma anche sulle braccia e sulle gambe. (…) Un corpo vivo è in moto costante (…). Questa intrinseca motilità propria di un corpo vivente che è alla base della sua attività spontanea, proviene da uno stato di eccitazione interna che affiora continuamente alla superficie sottoforma di movimento. Quando l’eccitazione cresce, c’è più movimento; quando cala il corpo diventa più tranquillo. (…) Nel completo rilassamento, le onde respiratorie attraversano il corpo ad ogni inspirazione ed espirazione” (Lowen & Lowen, 1979, p. 17).
È la sovrapposizione dei tratti a creare questo effetto dinamico di vibrazione, assente ad esempio nella matrice francese del divisionismo, il puntinismo, in cui la giustapposizione dei puntini crea piuttosto un effetto di equilibrio e compostezza. Non è un caso che da alcune sperimentazioni del divisionismo prenderà spunto il futurismo, con la sua vocazione per il movimento, la velocità, la tecnica. Qui assistiamo invece ancora a un movimento ondulatorio lento, più simile a quello fisiologico descritto da Lowen e Lowen.
Si tratta del movimento sottile intrinseco alla quiete, un ossimoro che è presente anche nel soggetto stesso del quadro: il mistero della maternità racchiuso in una scena semplice, umile e intima. La modestia della ambientazione, una piccola stalla illuminata solo dalla luce della lanterna in cui uomo e animale convivono, sottrae solennità per conferire genuinità al momento. Gli animali da stalla sono i compagni delle fatiche dell’uomo e con lui condividono ritmi, tempi, stagioni della vita.
La vicinanza uomo-animale era un tema caro a Segantini che la riprenderà anche in altri quadri come “Ave Maria a trasbordo” dove di nuovo compare una corrispondenza tra la posa della coppia mamma-bambino e quella della coppia di pecorelle sulla barca: intente entrambe a toccarsi il capo in un gesto di tenero affetto. Se pensiamo a quanto è importante il tocco leggero nella primissima infanzia e quanto sia elevata la sensibilità ricettiva nella testa del neonato, non sarà difficile immaginare che la vibrazione di cui partecipa il nostro corpo alla vista di questo quadro, raggiunge l’acme.
A questo immaginario di maternità così pacificato Segantini affidava la sua straordinaria arte, cresciuta su di un terreno tutt’altro che bonificato di elementi perturbanti. Basti pensare alle circostanze difficoltose in cui il pittore venne alla luce: dagli archivi dell’epoca si legge che il fratello maggiore morì a soli due anni, nello stesso anno della nascita del pittore, e anche il parto dello stesso Giovanni avvenne in condizioni di pericolo (ab periculum); infine la madre morì dopo una lunga malattia, quando lui aveva solo 5 anni e il padre lo affidò a dei parenti di Milano lasciandolo pressoché orfano a poco più di 7 anni.
Non è difficile immaginare l’insieme di emozioni traumatiche che costellò la vita del pittore fin dal principio. Karl Abraham ha dedicato un importante saggio psicoanalitico nel 1911 alle vicende e alla produzione artistica di Segantini, ma in questa sede, non potendo soffermarmi sui particolari, posso solo fare un ultimo accenno ad altri due quadri che segnano l’esplorazione del pittore di altre facce dell’esperienza della madre: “le cattive madri” e “il castigo delle lussuriose”. In quest’ultimo dipinto compaiono nuovamente delle donne ma questa volta sono sospese nell’aria in un’atmosfera livida e fredda senza traccia di vita animale. Anche qui la potenza di Segantini sta nel comunicare allo spettatore attraverso luci e colori una sensazione psicosomatica vivissima, opposta alla precedente: nei corpi sollevati da terra si coglie l’assenza del sostegno, la perdita della gravità, la mancanza della terra come appoggio[1]; nei colori bianchi, grigi, e bluastri si avverte il freddo dell’inverno innevato, immagini sensoriali che evocano mancato contenimento, affetto, protezione, calore, elementi che caratterizzavano invece le due madri alla luce della stalla. Di “Le cattive madri” si potrebbe dire moltissimo, a partire da quel corpo di donna avvolto in turbine di rami secchi e al cui seno è attaccato un bimbo che, nutrendosi, sfugge d’un soffio al medesimo intreccio. Lascio alla sensibilità dell’osservatore le sue personali riflessioni, ma vorrei puntare lo sguardo anche alla corolla di monti engadinesi, tanto cara a Segantini, che ricompare in entrambi i quadri, a tratti illuminata da un sole della sera, protezione archetipica offerta dalla natura.
Segantini riesce a dar vita a luci e colori di un’intensità straordinaria che risuonano dentro come echi di esperienze e sensazioni remote ma universalmente presenti, un viaggio psicosomatico attraverso immagini archetipiche che fungono da “miraggio” e guida del nostro percorso artistico o terapeutico che sia.
Delle tante donne che Segantini dipinse, “Le due madri” alla luce della lanterna nel piccolo spazio della stalla, rimane una perla di rara bellezza e sta lì a ricordarci che ogni esperienza anche la più piccola e umile vissuta nel microcosmo della psiche individuale non è solitaria ma si rispecchia in quella del prossimo e in quella del cosmo.
Bibliografia
Galleria d’Arte Moderna di Milano. Collezioni dell’Ottocento Guida, a cura di Paola Zatti, Allemandi & C.
Abraham Karl (1911) “Giovanni Segantini: un saggio psicoanalitico” in Abraham K., Opere Vol. 2, Boringhieri, Torino, 1975.
Frigoli D. (2019), I sogni dell’anima e i miti del corpo, Edizioni Magi, Roma.
Lowen A., Lowen L. (1979), Espansione e integrazione del corpo in bioenergetica. Manuale pratico di esercizi, Astrolabio, Roma.
Previati G., I principi scientifici del divisionismo. La tecnica della pittura, Fratelli Bocca Editore, Torino, 1906.
Segantini G., Venticinque lettere, a cura di Lamberto Vitali, Allegretti di Campi, Milano, 1970.
Quadri citati
Le due madri (1889), Galleria d’Arte Moderna, Milano.
Ave Maria a Trasbordo (1886), Segantini Museum, Saint Moritz.
Il castigo delle lussuriose (1891) Walker Art Gallery, Liverpool
Le cattive madri (1894), Österreichische Galerie Belvedere, Vienna.
Dea Pagana o Dea d’amore (1894), Galleria d’Arte Moderna, Milano.
[1] Diverso è l’effetto della sospensione della donna, ad esempio, nel quadro La Dea pagana o Dea D’amore dove il sollevamento da terra evoca un senso di leggerezza con un accenno di sensualità della figura femminile.