Ulcera: una lettura ecobiopsicologica
di A. Monti*
L'ulcera gastrica è un'erosione, più o meno profonda, del rivestimento interno dello stomaco (la mucosa gastrica). Questo tipo di ulcerazione possiede generalmente una forma tondeggiante ed è riconducibile all'azione corrosiva dei succhi gastrici acidi prodotti dallo stesso stomaco.
Dal punto di vista epidemiologico è un disturbo prevalentemente maschile (il rapporto maschi/femmine è di 3:1) e la sua massima incidenza si verifica in pazienti di età compresa tra i 50 e i 60 anni.
I pazienti portatori di ulcera gastrica presentano in genere una produzione di acidità gastrica normale o lievemente inferiore alla norma; per questo motivo l'ipotesi più accreditata è quella di una diminuzione della resistenza della barriera gastrica all'azione aggressiva del secreto acido-peptico. I succhi gastrici prodotti dallo stomaco hanno funzioni digestive e difensive nei confronti dei patogeni che accedono al canale digerente e sono molto corrosivi; per questo, alcune cellule specializzate dello stomaco producono uno strato di muco per proteggere la mucosa gastrica. L'azione protettiva del muco si espleta mantenendo a livello della mucosa un valore di Ph più elevato rispetto a quello del secreto gastrico; si costituisce così una barriera che impedisce all'acido di ledere la mucosa e la sottomucosa. Il rapido ricambio delle cellule epiteliali dello stomaco, inoltre, garantisce la rapida riparazione delle eventuali lesioni dovute all'azione aggressiva del succo gastrico. Tutti i fattori che si ritengono responsabili dell'insorgenza dell'ulcera gastrica sono in grado di alterare questa barriera protettiva, aumentare l'acidità gastrica od ostacolare i naturali processi di riparazione della mucosa.
Tra le cause più note dell’ulcera peptica, oltre lo stress, l’uso continuato di farmaci analgesici, in particolare di antinfiammatori non steroidei (FANS), il fumo e l’abuso di alcol e caffeina, oggi la causa organica della maggior parte delle ulcere sembra essere un batterio, l’Helicobacter Pylori; questo microrganismo presente in condizioni normali nella mucosa gastrica, in determinate situazioni diventa aggressivo e intacca le pareti procurando un’infiammazione ulcerativa allo stomaco o al duodeno.
I sintomi sono dolori epigastrici, bruciore, sensazione di fame, nausea e vomito (che compaiono dopo i pasti); la paura di soffrire determina una riduzione dell'appetito, con successivo dimagrimento. Questo disturbo trova un’interpretazione nella psicosomatica classica nel pensiero di Alexander (1934), il quale sosteneva che tutti i pazienti psicosomatici presentano conflitti relativi al tema della dipendenza. Un ruolo centrale nel modello di Alexander è occupato dal sistema nervoso vegetativo, composto da simpatico e parasimpatico. Al primo vengono riconosciuti compiti di gestione delle funzioni di relazione con il mondo esterno e al secondo la gestione di funzioni vegetative interne. I disturbi dell’equilibrio omeostatico tra organismo e ambiente nella visione di Alexander possono così venire divise in due grandi categorie:
quelle da inibizione degli impulsi ostili e di autoaffermazione (sistema simpatico) e quelle dovute ad un atteggiamento cronico di rinuncia/ritiro e di ricerca di aiuto/dipendenza (frustrato), tra cui troviamo i disturbi gastrointestinali. La capacità di autoregolazione, secondo alcuni autori (Stern, 1983) è già presente alla nascita ma il bambino piccolo non è l'unico attore: gli studi di osservazione dei bambini insieme alle madri hanno mostrato che ci sono interazioni complesse che regolano il comportamento e diverse funzioni fisiologiche del bambino al fine di raggiungere, e mantenere, l’equilibrio ottimale per lo stato del bambino. La relazione madre-bambino può essere quindi concettualizzata come un sistema interattivo che organizza e regola il comportamento e la fisiologia del bambino fin dalla nascita. Entrambi i poli della relazione contribuiscono attivamente al successo o al fallimento dell'instaurarsi di questo processo regolativo. I bambini, alla nascita possono differire in maniera sorprendente per diverse caratteristiche (livelli di attività, la soglia di reazione agli stimoli, durata dell'attenzione ecc.), ma a seconda dell' incontro con le peculiarità di chi si prenderà cura del neonato, tali caratteristiche potranno risultare determinanti rispetto ad una condizione di salute o di malattia. Mirsky (1958), in un lavoro specifico sull'ulcera peptica, ha ipotizzato che i neonati possano differire per il livello di pepsina gastrica, e che questo possa influenzare i bisogni orali e le modalità di suzione. Queste diverse modalità porteranno ad esiti diversi a seconda della disponibilità della madre a gratificare i bisogni orali del figlio. Ciò ci suggerisce che la suscettibilità alla malattia può essere influenzata dai processi di regolazione reciproca nella relazione madre-bambino. Tornando perciò al pensiero di Alexander egli ritiene che il bisogno di dipendenza nei soggetti con patologie dello stomaco è intimamente connesso al bisogno di essere nutriti. Secondo lo studioso il paziente affetto da ulcera peptica soffre del desiderio inconscio di essere nutrito dalla madre, desiderio che trae origine da conflitti irrisolti di dipendenza le cui radici risalgono al periodo orale dello sviluppo. Possiamo dunque pensare all’ulcera come alla frustrazione di un bisogno affettivo, ad un bisogno continuamente perpetrato, rimosso, ma sempre aleggiante dentro l’individuo che lo riporta a quel cibo-amore tanto desiderato e negato?
L’immagine tradizionale del paziente con ulcera peptica è usualmente quella di una persona ambiziosa, perfezionista e dotata di senso di responsabilità. Questo paziente viene descritto dalla psicosomatica classica come estremamente indipendente, attivo e competitivo, tuttavia, dietro questa facciata di indipendenza ed iperattività, alcuni autori hanno messo in evidenza la presenza di un forte ma nascosto desiderio di essere protetto, amato e di restare in una situazione di dipendenza infantile. Infatti nonostante l’ulceroso sia brillante, vitale, autonomo e vincente sul piano professionale, dentro di lui si nasconde la grande paura di essere “scoperto” nel suo bisogno di rassicurazione. L’ulceroso, pur trasmettendo un’immagine di persona “rampante” e “di successo”, reprime e non manifesta il bisogno di rassicurazione e la paura del rifiuto, della solitudine. Dal punto di vista dell’ecobiopsicologia, che recupera la funzione mandalica del corpo, si aprono alcune riflessioni in merito a questo tipo di somatizzazione. Innanzitutto si dichiara il meccanismo fisiologico duale che è alla base del sintomo: l’attesa perenne di cibo/amore induce il corpo a produrre succhi gastrici “simulando” l’arrivo del nutrimento che, in realtà, non avviene. Lo stomaco perciò “mangia se stesso” e l’acidità dei succhi gastrici ne corrode le pareti.
Secondo un orientamento psicoanalitico, l’iperattività/indipendenza o la passività/dipendenza sono evidentemente i due possibili modi di essere nei pazienti ulcerosi che utilizzano differenti meccanismi di difesa contro il loro inconscio bisogno di aiuto e protezione: tale oscillazione riflette forse ciò che succede nello stomaco tra le componenti attive-aggressive e quelle passive-difensive a livello della mucosa gastrica? I dati epidemiologici attuali evidenziano che l’ulcera duodenale è molto più frequente dell’ulcera gastrica: che cosa possiamo dire perciò quando ad ulcerarsi è il primo tratto dell’intestino tenue? Nell’ulcera peptica ha un ruolo chiave il disequilibrio tra la secrezione di acidi e la mucosa gastrica proprie di quella sede (lo stomaco), nell’ulcera duodenale invece si ha la dislocazione di un’acidità che proviene dallo stomaco che anziché rimanere ivi localizzata, entra nel duodeno, una sede di carattere basico. Che cosa comporta ciò dal punto di vista psichico? L’approccio ecobiopsicologico, dando importanza alla funzione del corpo e alla localizzazione del sintomo, propone una distinzione tra la personalità di chi soffre di ulcera gastrica e di ulcera duodenale. L’ulceroso nello stomaco sarà un soggetto che psicologicamente appartiene al Tipo A di personalità, ovvero un individuo ambizioso, attivo, che ha alti livelli di competizione: immaginiamo un dirigente impegnato nell’ambito del proprio lavoro, estrovertito. In questo caso la competizione e la tensione a questa connessa, ricordando il pensiero di Alexander, implicano l’attività continua del sistema nervoso ortosimpatico che, trovando bloccate le tendenze alla ricerca di aiuto e alla dipendenza, favorisce lo sviluppo dell’ulcera. Il soggetto caricato di queste intense emozioni, non va incontro ad una protezione adeguata del muco, che rappresenta una sorta di passività, localizzata nello stomaco, che impedisce la digestione.
Nell’ulcera duodenale invece si ha l’alterazione di una funzione digestiva: qualcosa non viene trasportato correttamente perciò l’ambiente basico del duodeno è invaso dall’acidità propria dello stomaco. Questi soggetti sono figure sufficientemente competitive, devono svolgere compiti proattivi ma nel loro inconscio vi è un grande bisogno di essere accettati, tollerati e affettuosamente, nelle proprie fantasie, resi disponibili ad un percorso di aiuto, di supporto. Sono persone con complessi materni nascosti fortemente camuffati da un atteggiamento proattivo verso l’esterno. Nell'ulceroso la terapia deve poter spegnere il fuoco. E’ necessario perciò favorire l’indipendenza nei confronti della dipendenza latente, senza però spegnere la carica operativa che è orientativa ed estrovertita, direbbero gli junghiani, tesa all'esterno, alla conquista della meta. Il terapeuta deve perciò porsi in modo cauto, disponibile e deve essere empaticamente in grado di valorizzare la persona, in particolare quei momenti primari significativi che consentono al paziente di accedere all’autenticità dei bisogni di dipendenza che egli ha rimosso e negato. E’ necessario riparare i modelli operativi interni dissociati passando dal mondo della parola alle immagini, per arrivare alle emozioni attraverso l'approccio alla memoria implicita del paziente.
Bibliografia
Frigoli D., Il linguaggio dell’anima, Edizioni Magi, Roma; 2016
Frigoli D., La fisica dell’anima, Paolo Emilio Persiani Editore, Bologna; 2013
Frigoli D., L’alchimia dell’anima. Dalla saggezza del corpo alla luce della coscienza, Edizioni Magi, Milano 2017
Frigoli D.; Molteni K.; Monti A.; Remotti A.; "Clinica dell’apparato digerente e dei disturbi del comportamento alimentare, 3a Lezione: Aspetti clinici, psicodinamici e simbolici delle malattie dell’intestino tenue e crasso", Corso di Medicina Psicosomatica, Istituto Aneb, Milano 2019
Taylor G.J; Medicina Psicosomatica e Psicanalisi Contemporanea, a cura di F. Orsucci; Casa Editrice Astrolabio, Ubaldini Editore, Roma 1993
*Dott.ssa Alessandra Monti, psicologa, psicoterapeuta