Pragmatica della comunicazione umana.
Studio dei modelli interattivi, delle patologie e dei paradossi
di P. Watzlawick, J. H. Beavin, D. D. Jackson
a cura di Dr. Aurelio Sugliani
Ciò che si può dire si dice chiaramente,
ciò che non si può dire si deve tacere
L. Wittgenstein
Nel 1967 viene pubblicato questo testo che diventerà un topos degli studi sulla relazione che darà un notevole impulso alle riflessioni in ambito sistemico e che aprirà nuovi orizzonti nella pratica clinica soprattutto nell’ambito della psicoterapia della famiglia. In un’ottica eminentemente pragmatica, tipica di un pensiero americano, gli autori pongono il loro focus sugli aspetti interattivi fra gli individui per enucleare come le distorsioni comunicative possono essere generative di malessere e psicopatologie. In quest’ottica la soggettività individuale viene messa sullo sfondo per mettere invece in risalto gli stili comunicativi che si instaurano fra le persone e che sono qualitativamente differenti dalle caratteristiche personali di ogni individuo.
Secondo gli autori quindi la psicopatologia non è inerente al singolo soggetto, ma si struttura e si declina solo nelle interazioni di natura patologica che si stabiliscono fra individui che sono in relazione fra loro. I ricercatori quindi si soffermano sulle varie modalità comunicative formulando i noti “assiomi della comunicazione” (non si può non comunicare, simmetria/complementarietà, analogica/digitale, ecc.). Da questi assiomi si possono poi studiare di come le relazioni, se pervase da modalità paradossali e disfunzionali, possano poi esitare in situazioni maladattive che diventano le premesse per l’esordio di condizioni psicopatologiche.
Il testo inoltre fa una disamina di un’opera letteraria “Chi ha paura di Virginia Woolf?” dove vengono svelate le varie dinamiche relazionali caratterizzate da ambiguità, strategie e paradossi, a sottolineare ancora una volta come una comunicazione distorta possa produrre situazioni “confusive” foriere di sofferenza psichica.
All’analisi delle relazioni, nel testo, fanno seguito anche dei procedimenti di tipo pragmatico (prescrizione del sintomo, meta-comunicare, ecc,) proprio per disarticolare quelle interazioni “tossiche” dove i vari sistemi (di coppia, familiari, team di lavoro, ecc.) cortocircuitano intrappolati nei doppi vincoli, nelle triangolazioni e nelle ambiguità comunicative dove i sistemi stessi “collassano” verso stati involutivi o derive improduttive. A completamento del testo per evidenziare gli aspetti teorici inerenti la comunicazione vengono riprese le riflessioni di Bertrand Russel sulla “teoria dei tipi logici” ad evidenziare i paradossi insiti nei procedimenti logici e il “principio di indecidibilità” di Gödel dove viene asserita l’impossibilità di formalizzare qualunque sistema all’interno delle sue premesse. Il testo fornisce in ogni caso notevoli riflessioni teoriche e spunti pragmatici di come in ambito terapeutico la consapevolezza di una comunicazione “depurata” da ambiguità, doppi sensi, paradossi, ecc., possa avere delle significative ricadute pragmatiche per accedere ad un sistema di relazioni che sia più autentico e genuino, dove ognuno possa scoprire il senso del suo divenire e della sua evoluzione.
P. Watzlawick, J. H. Beavin, D. D. Jackson, Pragmatica della comunicazione umana. Studio dei modelli interattivi, delle patologie e dei paradossi. Astrolabio Ubaldini, Roma, 1971
Sinossi: “Pragmatica della comunicazione” è un testo che svincolandosi dalle problematiche individuali e soggettive, individua nelle interazioni disfunzionali (paradossi, doppi legami, ecc.) la genesi della psicopatologia. Avvalendosi delle premesse derivate dallo studio dei sistemi complessi quali la cibernetica, la teoria generale dei sistemi, la teoria del doppio vincolo, ecc., pone nuove prospettive sia nella lettura del disagio che nella psicoterapia.
Dr. Aurelio Sugliani - Laureato in psicologia. Responsabile Gestione Sistemi informatici e Area web ANEB. Collaboratore di Materia Prima. Autore dei libri “Tex Willer. Tra mito e archetipo” e “Voci, racconti e narrazioni del corpo”