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Psicanalisi delle acque – L’Eau et les Rêves

Psicanalisi delle acque – L’Eau et les Rêves
Gaston Bachelard

a cura della Dott.ssa Costanza Ratti*

Acqua che lenisce, acqua che riempie, acqua che scorre, che canta, che riluce, accoglie, nutre, acquieta, vive e muore. Se ci chiedessero di descrivere l’acqua con qualche aggettivo o verbo difficilmente diremmo che possiede una certa temperatura, che ha una certa composizione, che presenta delle increspature sulla superficie. Se l’uomo si lascia andare all’immaginazione, il realismo dell’acqua si oscura, si perde, si annichilisce e lascia il posto alla traccia antica del simbolo, quella che Gaston Bachelard, filosofo francese vissuto a cavallo tra Ottocento e Novecento, ha chiamato la materia dell’immaginazione.
La materia dell’immaginazione ha a che fare con la sostanza, con la profondità nuda e semplice dell’uomo di fronte al mondo e del mondo di fronte all’uomo, prima che orpelli e ornamenti dell’immaginazione formale mettessero ordine e abbellissero la prima esperienza. È in questa ricerca degli archè, dei principi della rêverie e del sogno che Bachelard, arriva ai quattro elementi che sostanziano l’immaginazione, terra, aria, fuoco e acqua a cui dedica quasi dieci anni di studi, dal 1938 al 1948, e da cui scaturiscono altrettanti volumi, di cui quello qui presentato, dedicato all’acqua, è il secondo dopo quello sul fuoco.
Si capirà già da queste poche righe che la ricerca di Bachelard è ambiziosa quanto coraggiosa e che un po’ di simpatia e di familiarità con la filosofia della scienza e con la poesia sarà d’aiuto al lettore per penetrare il vasto immaginario dello scrittore, per apprezzare i riferimenti ai miti e alla letteratura, per sentirsi trascinati nelle rêverie che evoca, per cogliere, tra le righe, anche il Bachelard bambino, cresciuto vicino a un fiume e i cui ricordi, come ci confida in apertura, sono inscindibilmente connessi «all’acqua verde e chiara del ruscello, all’acqua che fa verdi i prati» (pag. 15).
Ma non è solo per questo speciale legame autobiografico con i fiumi che Bachelard ritiene che l’acqua sia primariamente acqua dolce. La prima acqua è dolce perché essa disseta, lenisce, cura, vivifica, è necessaria all’uomo, a differenza dell’acqua del mare, salata, brusca, potente, la cui conoscenza iniziale, secondo Bachelard, non avviene per via dei sensi ma è sempre mediata dal racconto che altri, ritornati dalla perigliosa avventura, ne fanno.
Sono quindi i ruscelli che gorgheggiano, i laghi quieti e immoti, i fiumi che si muovono placidi, la pioggia che cade dal cielo a occupare, per Bachelard, la materia prima dell’immaginazione dell’uomo e a continuare ad attivare quella stessa materia vivente.
Si comincia il percorso con le acque chiare e primaverili, quelle acque di cui è difficile disconoscere il fascino e la bellezza, acque che riflettono, nella loro limpidezza, luci, colori e restituiscono all’occhio un’immagine dell’uomo e del cosmo, non però con la staticità dello specchio ma con la vibrazione del moto che offusca leggermente e favorisce l’idealizzazione (pag. 31). Ad esse è ovviamente legato il mito di Narciso e il desiderio del vedere e del farsi vedere, qualcosa che non è per forza negativo tout court, poiché il vedersi riflessi nel mondo genera ampliamento non soltanto per l’umano ma per l’intero cosmo che si contempla. Altra evocazione delle acque fresche e primaverili ha a che fare con la bellezza femminile, con la sensualità vivida di cui figure come le ninfe e Leda posseduta dal cigno, sono la trascrizione mitica.
Si prosegue verso acque più pesanti, dormienti e morte, ove vige la staticità immota, un’esperienza che domina la poetica di Edgar Allan Poe, in cui l’acqua, con il suo potere di assorbire, diviene ricettacolo della buia sofferenza, dell’immobilità, del silenzio inteso come chiusura, un’acqua che avviluppa, per così dire melanconica, ferma. Ben diversa è invece l’attribuzione all’acqua del carattere della morte nel mito di Caronte, dove il fiume, come nelle più antiche tradizioni religiose, è il luogo immaginario della partenza verso altri lidi e la morte assume il volto di un viaggio sconosciuto e misterioso, guidato dalla figura spaventosa e al contempo rassicurante del traghettatore; e poi Ofelia, in cui il ruscello che accoglie la capigliatura fluente della fanciulla tradita e disperata, evoca il senso dell’abbandono alle lacrime e l’ondeggiare fluttuante della chioma in sintonia con il moto dell’acqua.
Quest’immagine non può non rimanerci fortemente impressa, sia perché fa forse riaffiorare l’immagine del dipinto preraffaellita di John Everett Millais ma soprattutto perché in essa si condensano alcuni caratteri dell’immaginazione materiale dell’acqua: l’ambivalenza della morte e del bello (ambivalenza che per Bachelard è motore di immaginazione), la consonanza tra esperienza psichica ed esperienza sensoriale data dall’accostamento del dolore di Ofelia con la sensazione fisica primaria delle vibrazioni della chioma ondeggiante, infine il carattere spiccatamente femminile dell’acqua dolce. 
Un’altra donna, questa volta più vitale, anzi la vita per eccellenza, è profondamente connessa all’acqua. È l’acqua materna, l’esperienza più antica di un liquido che nutre e acquieta, tanto da far dire all’autore che «da un punto di vista psicanalitico. (…) ogni acqua è un latte», «ogni acqua felice è un latte materno» (pag. 133). È proprio l’esperienza primaria del liquido nutritivo e appagante che suscita, ancor più di una visione realistica, l’immagine poetica delle acque bianche al chiaro di luna, della luce lattiginosa, del tepore dell’aria e della dolcezza della luce (pag. 137). E ancora connessa alla madre, è l’acqua che avvolge tiepida e culla con un ritmo che rimane impresso nei visceri. Si capisce bene come per Bachelard sia qui implicata un’immaginazione fortemente materiale che nasce cioè dalle «certezze della sensazione immediata», «dalle grandi lezioni cinestesiche dei nostri organi» (pag. 139). È forse anche per questo legame con l’esperienza primaria della madre che l’acqua dal punto di vista morale ha assunto in varie culture la qualità della purezza, della purificazione, del mondare dai peccati e del ripristinare una condizione di integrità originaria.
Infine, Bachelard ci porta a scoprire anche la dimensione forte, potente, attiva, violenta delle acque del mare. Nel rapporto con esse, la cui immagine è ben resa dall’uomo che nuota controcorrente o dal bambino che lotta contro le onde, l’individuo si trova a scoprire la parte maschile, coraggiosa, intrepida, volontaristica del suo essere in rapporto con il mondo. Di fronte ad acque agitate e che egli stesso agita, l’uomo sente la gioia cinestesica della violenza, il piacere virile del combattimento, la sfida, la provocazione, l’affermazione di sé; «il nuotatore prova la sensazione di urtare con tutto il corpo contro le membra dell’avversario» (pag. 187).
Da questi brevi cenni si sarà, spero, intuita l’essenza del libro e l‘intento del suo autore: scoprire con uno sguardo allo stesso tempo rigoroso e immaginifico un ventaglio di immagini primarie e materiali dell’acqua che affondano la loro origine nei vissuti umani più antichi nei quali il moto della natura ha una corrispondenza nel moto della psiche e viceversa. Ci si accorge, leggendo “L’acqua e i sogni” – il titolo francese dell’opera che ne denuncia l’aspirazione a una minore sistematicità rispetto a quello dedicato al fuoco – che i motori dell’immaginazione poetica, della rêverie, e del sogno non sono immagini sbiadite di oggetti reali, ma realtà materiali operanti dentro e fuori dall’uomo, un uomo che ha da riscoprirsi non solo nella sua dimensione formale, ideale ma anche in quella profondamente viva della materia e del corpo.

  • Bachelard G. (1942), Psicanalisi delle acque, Edizioni RED, Milano, 2006

Sinossi
Il libro indaga sul momento magico in cui l’immaginazione trasforma un elemento naturale, l’acqua, nella materia libera del sogno e della creazione artistica. Acqua, dunque, viva e concreta quanto le immagini dell’inconscio collettivo a cui rimanda: le ondine, il cigno di Leda, Narciso, Ofelia, Caronte…
Il bisogno di ordinare tutto ciò in una rigorosa fenomenologia è proprio del Bachelard filosofo della scienza; l’intuizione geniale e la sensibilità letteraria sono del Bachelard irresistibilmente attratto dal sogno, dalla poesia, dal loro linguaggio per simboli e per metafore. Contro la frantumazione del sapere accademico contemporaneo, segno di altre e forse più gravi frantumazioni dell’essere umano di oggi, questo libro è una coraggiosa, concreta proposta di unità e integrazione.

*Dr.ssa Costanza Ratti - Laureata in Storia culture e civiltà orientali e in Psicologia clinica, poi dottore di ricerca in Antropologia ed Epistemologia della complessità con una pubblicazione nel 2017 dal titolo "Il sacrificio nell'Israele antico". Si è specializzata in psicoterapia presso l’Istituto ANEB e lavora come psicologa e psicoterapeuta presso Fondazione Esperia a Milano.