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Luigi Zoja

a cura di Dr.ssa Alda Marini

Sembra anomalo, dopo Freud e tutta la storia della psicanalisi degli ultimi centovent’anni, che qualcuno oggi voglia dimostrare la legittimità dell’esistenza della psiche. D’altronde, in tempi come i nostri dove la materialità assume sempre più dominanza, il testo del dr. Luigi Zoja ci riporta alla specificità dell’affascinante dimensione impalpabile del pensiero e dei sentimenti umani, ma allo stesso tempo concreta. E ci fa piacere che un libro si intitoli semplicemente Psiche.
Psiche è la parola greca per anima, suo corrispondente latino, cioè la parte immateriale dell’uomo che lo distingue dagli animali per la presenza della coscienza, di una ampia e profonda consapevolezza che gli dà la possibilità di conoscere le motivazioni delle sue azioni e delle sue intenzioni.
Il libro si snoda attraverso secoli di storia del pensiero con l’intento di affrontare e provare a sciogliere molti degli equivoci che le dinamiche in atto nella nostra società hanno creato. Nel suo libro Zoja sviluppa la sua analisi attraverso più filoni, da quello storico-sociologico a quello psicologico-simbolico, permeando le sue osservazioni di argute intuizioni derivanti dalla pratica analitica e dall’attitudine ad esplorare le profondità della psiche.Anche il pensiero di Freud è ampiamente citato come tappa nodale della storia dell’anima fino all’analisi della società nel periodo in cui le contraddizioni sociali, ci ricorda Zoja, erano meno potenti, ma che fu paradossalmente il momento in cui si verificò l’esplosione della protesta sociale e la valorizzazione dell’ideologia. Nel periodo successivo si è assistito ad una ulteriore trasformazione: si è persa l’intensità del sentire ideologico ed è nata una nuova pervasività commerciale, che ha sottoposto a marketing le stesse ideologie e religioni rendendole “stabilmente volubili” (Zoja, 2015, p. 59), un ossimoro che è essenza stessa del mercato della moda . Da qui al superfluo-necessario il salto è stato consequenziale e veloce. E in questo percorso l’anima si è persa per strada.
L’efficace analisi della psiche si arricchisce della metafora dell’iceberg, dove la parte visibile è immensamente maggiore di quella sommersa. Allo stesso modo accade nei nostri processi mentali, ciò che vediamo, di cui siamo consapevoli, è decisamente inferiore a ciò che non vediamo, alla parte sommersa, invisibile alla nostra coscienza, ma che pur condiziona pesantemente i nostri moti, i nostri stati emotivi. Qui si inserisce naturalmente il concetto di proiezione, cioè la modalità con la quale si attribuisce a enti fuori di noi stati d’animo, realtà, sensazioni che ci appartengono. In questo modo possiamo entrare in contatto con i contenuti di cui non siamo consapevoli e che appartengono a questo mondo sommerso. Questo ci porta ad attribuire agli altri i nostri sentimenti non riconosciuti, oscuri, ciò di cui è difficile prendere consapevolezza. Accade, di conseguenza, che «la catastrofe mentale perfora l’individuo e fuoriesce all’esterno. Si proietta il male su un ‘colpevole’: distruggendo un capro espiatorio (Zoja, 2011) le menti semplici sperano di tornare alla pace” (Zoja, 2015, p. 12). Qui si situano le basi delle vendette a catena, dei razzismi e delle guerre.
Il fenomeno della proiezione non ci porta solo distanza e distinzione dal mondo. Attraverso la proiezione il mondo esterno si permea dei nostri contenuti più profondi fino ad esserne intriso. La realtà permeata dei nostri contenuti si avvicina e sperimentiamo il contatto e la vicinanza. Ciò costituisce la base delle risonanze emotive più intense con la realtà circostante. Sperimentiamo in modo empatico la sensazione di essere parte di un mondo che ci corrisponde e di cui facciamo parte.
A questo punto la riflessione di Zoja ci porta a osservare che “se i contenuti psichici di cui non siamo coscienti vengono proiettati, il loro ritorno nella mente corrisponde a una crescita della consapevolezza e a uno svuotamento dell’inconscio: ma anche a una perdita di magia […]. Il maggior isolamento delle persone ne è una conseguenza quasi inevitabile. La partecipation mistique era appartenenza totale. Nella società che si modernizza, le emozioni condivise vengono invece messe a dieta, si fanno sempre meno intense, sempre più light. Fugaci, leggere, formali, proprio come i riti dell’incontro con persone non viste da tempo. Si dice ‘come stai?’ sapendo che la risposta non sarà un racconto di come l’altro sta, ma un uguale, vuoto ‘e tu come stai?’ Ci si scambiano contenitori atrofizzati, da cui il contenuto è scomparso” (Zoja, 2015, pp. 77-78).
Lo spostamento titanico dell’asse all’interno dell’uomo dà forse l’inebriante sensazione di libertà estrema, crea però una nuova fragilità: la solitudine e la sensazione di non poter penetrare nel mondo degli altri, generando le patologie sociali che si osservano nelle cronache di violenza che popolano i nostri notiziari. Quando non si giunge a quei comportamenti estremi comunque si sperimenta la solitudine emotiva che porta alla “sindrome di ritiro messa in atto dagli spaventati dalla vita” (Zoja, 2015, p. 141) che sigillano le emozioni dietro gli schermi dei loro computer attivando nuove dipendenze. Così le proiezioni sono ritirate ma la coscienza non è per questo cresciuta, si è solo atrofizzata la dimensione dell’immaginale e la mente si riduce a macchina priva della qualità di esperienza chiamata ‘vita psichica’. Zoja denomina questa patologia che affligge la gioventù ‘interiority deficit disorder’, sindrome di negazione dell’interiorità. Eccesso di rumore, estroversione, superficialità e fretta che richiederebbero di essere bilanciati da una modalità introvertita, di riflessione e ritiro nella vita interiore, vengono affrontati in senso solo materiale e non simbolico, producendo le nuove patologie della modernità.
Nell’argomentazione di Zoja compare anche il corpo. Come si ha bisogno dell’idea di corpo per parlare della componente materiale dell’uomo, così si ha bisogno del concetto di psiche per descrivere la componente immateriale. Come il corpo anche gli equilibri della psiche si possono alterare, ma qui le analogie si fermano per Zoja e sottolinea le differenze del percorso terapeutico del corpo e della mente. Per il corpo vale il ‘modello medico’, per la mente quello psichico. La medicina ha come scopo la guarigione, cioè il ritorno allo stato precedente alla malattia, addirittura migliorerebbe se tornasse come quando era giovane. La psicoterapia invece porta ad un punto molto lontano al punto di partenza e la messa in atto di modalità regressive è proprio ciò che determina la patologia. La guarigione della psiche passa dal superamento dell’impasse generato per accedere a modalità adulte e più mature. Qui si inseriscono concetti come evoluzione, crescita o in termini junghiani, individuazione.
La psiche a differenza del corpo, inoltre, non si può esaminare al di fuori dal contesto sociale in cui è inserita, ci dice ancora Zoja. Se torniamo indietro nel tempo alle società primitive, infatti, osserviamo modalità quali l’animismo in cui la psiche è condivisa con tutta la società, addirittura con natura, animali, piante, pietre. Questa è la base della sopracitata partecipation mistique esperienza in cui vi è una proiezione totale nel mondo dei contenuti interni e si sperimenta l’appartenenza totale, tutto il mondo risuona del calore delle nostre emozioni.
Oggi l’uomo sperimenta un freddo relazionale ed è ormai “scon-siderato” (Zoja, 2015, p. 89), sidera sono le stelle, il cielo che noi non guardiamo più. Dalle stelle, dall’anima ci allontaniamo avvicinando bramosamente, de-siderando, gli oggetti, nella loro letteralità, lontani da un valore simbolico. Così l’uomo moderno si allontana anche dal simbolo e il mondo diventa un contenitore insicuro che genera depressione e ritiro dalle passioni. L’uomo non può vivere senza questa intima connessione con il mondo, senza proiettare i propri contenuti scoprendo le affinità con una realtà che accoglie queste proiezioni, senza rinunciare alla consapevolezza, ma arricchendola dell’esperienza del cuore che si nutre dell’immaginario e ci permette di sentire le risonanze fra noi e il mondo.
Forse il tema del corpo rimane un po’ sacrificato nella brillante lettura di Zoja, che sicuramente inviteremo nuovamente ad un confronto proficuo in ambito ecobiopsicologico. Tuttavia, la sua analisi è sicuramente preziosa e svolge la profonda funzione etica di muovere le coscienze e cercare di bilanciare gli squilibri in atto nella nostra società, rispondendo all’antico invito junghiano.

Sinossi – Non possiamo vedere la psiche come vediamo i corpi. Eppure non c'è nulla di più reale della nostra componente immateriale. Sono tangibili le azioni che produce, intense le passioni che smuove, laceranti e distruttive le sofferenze che genera, tenendo in ostaggio la vita. Questo pulsare di energia psichica non avviene nel vuoto, ma nella società e nella storia. Mentre la frattura ossea di un europeo di oggi è simile a quella di un antico egizio o di un indio precolombiano, una lesione della psiche è del tutto diversa. Per larga parte della vicenda umana è prevalsa una condizione partecipativa, fusionale, in cui - con l'aiuto di cerimonie collettive e di convinzioni profonde - i contenuti psichici inconsci venivano proiettati nel mondo circostante. La modernità invece, attraverso l'eclisse del sacro e l'espansione della coscienza, fa tornare lentamente le proiezioni nell'individuo. Uno spostamento titanico, previsto sia da Freud sia da Jung, che esalta la libertà personale, ma crea una nuova fragilità: rende solitarie le emozioni e alimenta le patologie della psiche postsociale. Luigi Zoja, tra i maggiori analisti junghiani, osserva da vicino queste dinamiche, sciogliendo diversi equivoci. A cominciare dallo statuto della psicoanalisi, non assimilabile alle scienze naturali e al modello medico di cura come ripristino di uno stato preesistente.

Luigi Zoja – analista e saggista, nato nel 1943. Ha lavorato in clinica a Zurigo, poi privatamente a Milano, a New York e ora nuovamente a Milano come psicoanalista. Presidente del CIPA (Centro Italiano di Psicologia Analitica) dal 1984 al ‘93. Dal 1998 al 2001 presidente della IAAP (International Association for Analytical Psychology), l’Associazione degli analisti junghiani nel mondo. Pubblicazioni in quindici lingue. Testi in italiano: Nascere non basta. Iniziazione e tossicodipendenza, Cortina, Milano 1985 e 2003; Coltivare l’anima, Moretti&Vitali, Bergamo 1999; Il gesto di Ettore. Preistoria, storia, attualità e scomparsa del padre, Bollati Boringhieri, Torino 2000 (Premio Palmi e Gradiva Award); (a cura di) L’incubo globale. Prospettive junghiane sull’11 settembre, Moretti&Vitali, 2002; Storia dell’arroganza. Psicologia e limiti dello sviluppo, Moretti&Vitali, Bergamo 2003; Giustizia e Bellezza, Bollati Boringhieri, Torino 2007; La morte del prossimo, Einaudi, Torino 2009; Contro Ismene. Considerazioni sulla violenza, Bollati Boringhieri, 2009 (Premio Internazionale Arché); Centauri. Mito e violenza maschile, Laterza, Roma - Bari 2010; Aldilà delle intenzioni: etica e analisi, Bollati Boringhieri, Torino 2011 (Gradiva Award per l’edizione americana); Paranoia. La follia che fa la storia, Bollati Boringhieri, Torino 2011; (con S. Argentieri, S. Bolognini, A. Di Ciaccia) In difesa della psicoanalisi, Einaudi, Torino 2013; Utopie minimaliste, Chiarelettere, Milano 2013 (Premio Rhegium Julii); (con Leonardo Boff) Tra eresia e verità, Chiarelettere, Milano 2014, Psiche, Bollati Boringhieri, Torino 2015.

Alda Marini, Psicologa, psicoterapeuta, psicologa analista, membro dell’ANEB (Associazione Nazionale di Ecobiopsicologia), del CIPA (Centro Italiano di Psicologia Analitica) e dell’IAAP (International Association for Analytical Psychology). Esperta in psicosomatica, è docente presso le scuole di psicoterapia dell’ANEB e del CIPA su temi di psicosomatica ecobiopsicologica, età evolutiva, psicologia delle dinamiche di gruppo, processo di individuazione, teoria dei sogni e dell’immaginario, alchimia e metodica junghiana. Effettua attività di ricerca e divulgazione.

Note
1. Citazione tratta dalla relazione del dr. Zoja durante la relazione al Festival Letterario di Mantova, settembre