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Quando il dolore rimane sospeso – l’importanza del rito nell’elaborazione del lutto

Quando il dolore rimane sospeso – l’importanza del rito nell’elaborazione del lutto
di Raffaella Restelli

>>> Leggi l’articolo completo qui pp. 25-33 <<<

abstract a cura di Elisa Di Pierro

Il rito funebre carico di un arcaico simbolismo permette nel caos e nel disordine procurato dallo shock della morte, la creazione di un nuovo ordine, di una vera e propria rinascita, così da affrontare la perdita ed elaborarla. Nell’elaborazione del lutto, il rito è da concepirsi come necessario per arginare il danno psichico che può verificarsi durante le transizioni critiche. Quali le ripercussioni quando il dolore rimane sospeso in assenza del rito funebre nell’impossibilità di essere celebrato? Nella cultura contemporanea (Pieretti, 2018) la morte è un’anomalia, un qualcosa che non può essere controllato, non prevedibile ma certa per tutti. In Occidente in particolar modo, non riuscendo a dominarla e a ricondurla entro la logica di un pensiero che tutto vuole chiarire, si preferisce ignorarla relegandola tra gli eventi imprevedibili e misteriosi della vita, non tollerabili. Oggi però che il mondo è stato colpito da un virus silenzioso, invisibile e insidioso identificato come Sars-Co-V-2 che ha ucciso migliaia di persone, l’uomo sembra aver perso le proprie certezze, spaventato e bloccato dalla paura della malattia e soprattutto della morte. É come se la pandemia avesse segnato la fine del grande sogno dell’uomo moderno che reclama la possibilità di accompagnare i propri cari alla morte, potendo celebrare i riti funebri sospesi per ragioni di sicurezza. Uomo che si è ritrovato disarmato e perso in un silenzio collettivo, un silenzio che “toglie il respiro”, lo stesso che viene a mancare alle persone colpite dal virus, dove l’apparato respiratorio è stato prevalentemente interessato; analogia che ha suscitato un’attenta riflessione. «Con il respiro si è in contatto con il mondo, con la vita stessa che riversa le sue vicissitudini nel grande serbatoio comune a cui noi tutti attingiamo: l’aria» (Frigoli, 1999, p. 147). Non è un caso che in tutte le culture la dimensione respiratoria, legata alla vita dell’ossigeno venga celebrata come punto centrale per la sopravvivenza dello spirito umano. Se l’«aria rappresenta il “latte dell’universo”» come sottolinea Resnik, «alterare tale rapporto significa fare emergere devastanti angosce di morte, di “soffocamento” per riduzione dello spazio vitale respiratorio, con ovvie ricadute sul piano delle relazioni aggressive con il mondo» (Frigoli, 2014, p. 36) che si manifestano con diverse patologie. In una prospettiva ecobiopsicologica nel mondo (eco) è implicito un ordine che si ritrova nell’evoluzione del corpo dell’uomo (bios) e nella storia dei suoi sogni e dei suoi miti (psiche), ma per poter comporre quell’Harmonia Mundi che vuole il microcosmo analogo al macrocosmo, occorre saper intuire che, al di là del mondo materiale, la coscienza dell’uomo si apre ad altri piani dell’esistenza, dominata dai simboli e dalle loro leggi. Solo così il corpo e la mente possono recuperare la loro dimensione reale in quanto aspetti di una realtà archetipica aperta anche all’integrazione dell’anima. L’archetipo rappresenta proprio quel tratto unitario capace di cogliere la totalità delle manifestazioni, superando le apparenti divisioni di emozioni tra loro separate. Ed è attraverso il simbolismo che l’uomo può accedere alla conoscenza della dimensione archetipica in grado di recuperare in sé la visione simbolica, ossia quell’aspetto dell’esperienza interiore che si pone oltre ciò che appare comunque consapevole. L’analogia, struttura logica del pensiero, permettendo alla psiche una comprensione meno frammentante dei fenomeni complessi della natura, é uno degli assi portanti del simbolo e della parte oscura dello stesso, accanto al criterio logico-causalistico che invece regge la modalità di funzionamento più aperta alla coscienza. Come ancora sottolinea Frigoli, «[…] Occorre recuperare la nostra identità ricostruendo un rapporto più sano con l’intera trama della vita» (Frigoli, 2014, p. 28). In questi tempi di pandemia, è più che mai necessario pensare ad un cambiamento nel modo di concepire l’uomo e tornare a meravigliarsi di fronte alla fiduciosa convinzione di riuscire a far luce sulla condizione dell’uomo di essere sospeso tra finito ed infinito, per coglierne l’essenza. È difficile immaginare come lo spirito umano potrebbe funzionare senza la convinzione che nel mondo vi sia qualcosa di irriducibilmente reale; ed è impossibile immaginare come la coscienza potrebbe manifestarsi senza conferire un significato agli impulsi e alle esperienze dell'uomo. «Per lo storico delle religioni ogni manifestazione del sacro è importante; ogni rito, ogni mito, ogni credenza, ogni figura divina riflette l'esperienza del sacro, e di conseguenza implica le nozioni di essere, di significato, di verità». É proprio indagando la fenomenologia del sacro attraverso le sue tre manifestazioni: il rito, il mito e il simbolo, che nell’Eliade (2018) si afferma come esse riescano ad esprimere concetti sull'essere ed il non essere, non riscontrabili altrimenti. In un’ottica ecobiopsicologica che cerca di cogliere nel continuum individuale-collettivo quel principio unico e indiviso che si manifesta in ogni forma quando l’occhio della mente lo illumina, il rito rappresenta proprio una delle modalità di accesso al sovrasensibile in grado di permettere alla mente di conquistare quello spazio conoscitivo dell’esperienza archetipa senza perdere la dimensione della realtà ordinaria. Nell’elaborazione del lutto sono proprio i riti che danno senso e legittimano il ciclo vita-morte, permettendo di affrontare la perdita. La pandemia sembra avere richiamato l’importanza dei riti intesi come necessari per riconoscere il mistero della morte e andare oltre la crisi della presenza permettendo al dolore di non rimanere sospeso, elaborandolo in modo costruttivo e trasformativo per mantenerne la memoria. «Se è vero che l’energia è descrivibile solo attraverso le sue trasformazioni e se è vero che tutto ciò che esiste è una forma di energia, allora possiamo ritenere che l’essenza del nostro esistere, sia proprio la trasformazione» (Frigoli, 2014, p. 84).

AUTRICE: Raffaella Restelli – Studiosa nell’ambito delle Scienze Umane, linguista e psicologa iscritta alla British Psychological Society con la quale collabora attivamente. Laureata in Lingue e Letterature Moderne presso Università Cattolica di Milano e in Psicologia presso Università Newcastle UK. Counselor ad indirizzo ecobiopsicologico. Traduttrice area Editoriale ANEB.

Abstract a cura di Elisa Di Pierro – Psicologa e Psicoterapeuta ANEB. Terapeuta Practitioner EMDR. Consulente Sessuale. Cofondatrice e Terapeuta del Centro Integrato Psiche&Corpo di Varese. Collaboratrice della rivista MATERIA PRIMA, in formazione continua presso la Scuola di Supervisione dell’Istituto ANEB.

References
Archive for Research in Archetypal Symbolism, (2011). Il libro dei simboli: riflessioni sulle immagini archetipiche. Milano: Taschen.
Ariés, P., (1998). Storia della morte in Occidente dal Medioevo ai giorni nostri. Milano: BUR.
Baudrillard, J., (1979). Lo scambio simbolico e la morte. Milano: Feltrinelli.
Eliade, M., (2010). Enciclopedia delle religioni, vol. 1. Milano: Jaca Book.
Eliade, M., (1999). Storia delle credenze e delle idee religiose, vol. I. Firenze: Sansoni.
Eliade, M., (2018). Il mito dell'eterno ritorno. Torino: Edizioni Lindau.
Frigoli, D., (1999). Il Corpo e l’Anima. Itinerari del Simbolo. Padova: Ed. Sapere.
Frigoli, D., (a cura di) (2014). Intelligenza analogica: Oltre il mito della ragione. Roma: Magi.
Frigoli, D., (2019). Il respiro sottile dello spirito. https://www.aneb.it/news/il-respiro-sottile-dello-spirito/
Goethe, J.W., (1960). Faust. Milano: Bietti.
Pieretti, A., (2018). La morte e il senso della vita nella cultura contemporanea. http://www.collevalenza.it/CeSAM/08_CeSAM_0158.htm
Quammen, D., (2014). Spillover. Le evoluzioni delle pandemie. Milano: Adelphi.

Immagine
Anne-Louis Girodet de Roussy-Trioson, I funerali di Atala, Parigi, Museo del Louvre, 1808