Ritrovare l’Uomo, nell’uomo che cura.
Riflessioni ecobiopsicologiche attraverso i colloqui del progetto Ascoltare il disagio di chi cura
di Maria Andolina e Naike Michelon
abstract a cura di Elisa Di Pierro
L’articolo si propone di condividere le riflessioni delle psicoterapeute Maria Andolina e Naike Michelon che, in tempi diversi, ma in continuità, hanno preso in carico un’operatrice sanitaria nell’ambito del progetto dell’Istituto ANEB Ascoltare il disagio di chi cura, sottolineando come il modello ecobiopsicologico, fin dai primi colloqui, abbia consentito al terapeuta attraverso lo sguardo simbolico, l’analogia ed il ricorso ad immagini archetipiche di connettere i vari elementi della storia della paziente che, dovutamente calibrati e restituiti, l’hanno portata a risignificare i propri sintomi e la propria richiesta d’aiuto.
Lo scritto prende avvio dalla telefonata giunta a giugno 2020 al centralino del progetto Ascoltare il disagio di chi cura in un momento in cui ormai non si attendevano nuovi contatti, perché le terapie intensive iniziavano a svuotarsi e si stava verificando quanto preannunciato dai pronostici, ossia l’arrivo del caldo e la retrocessione dei contagi. Elena, infermiera di Milano, quel giorno chiamò perché incoraggiata dai figli, visto che di per sé non ne sentiva più il bisogno; l’esposizione ad un evento traumatico, perlopiù se ripetuto nel tempo, attiva delle strategie salvavita con le quali il dolore viene anestetizzato con meccanismi difensivi, che la psiche mette a disposizione per poter prendere distanza da emozioni poco sostenibili. Aver fatto quella chiamata era già segnale di una possibilità, perché attraverso l’ascolto si può iniziare a trovare uno spazio per esistere con le proprie emozioni, la propria storia e il proprio dolore. Ascoltare, per l’ecobiopsicologo, non è solo un’azione silente di accoglimento del dolore e delle emozioni, né un lavoro che si limita all’individuazione univoca del trauma come evento, ma attraverso lo sguardo simbolico e l’analogia apre uno spazio pronto a cogliere anche eventuali sintomi corporei, immagini, sogni e sincronicità, ricercando quei nessi in-formativi che emergono dalla storia di vita del paziente.
Così la terapeuta ha ascoltato il racconto di Elena ed attraverso la parola ed il silenzio ha provato inizialmente ad aprire un varco per riconnettere per quanto possibile l’Io ferito ad un ritmo nuovo, in contatto con le parti più profonde del Sé. Elena nominava i sintomi fisici, l’insonnia anzitutto, descrivendo il vuoto ed il buio delle notti popolate di pensieri intollerabili. Il sintomo, sintesi di un mondo emotivo coerente alla storia del Sé psicosomatico della persona (infrarosso), poteva rappresentare una via preziosa per accompagnare la paziente ad un primo contatto con le immagini corrispondenti alla sua dimensione emotiva e alla sua storia (ultravioletto) e con quei vissuti taciuti che necessitavano di sciogliersi, ai quali avrebbe potuto accedere attraverso lo sguardo simbolico che l’Ecobiopsicologia aiuta ad evocare. Ed è stato proprio attraverso l’esplorazione dell’insonnia che si sono fatti largo i primi ricordi e si è aperto uno scenario antico di grave lutto accaduto nell’infanzia caratterizzato dalla comparsa di un’ulteriore patologia indicativa della possibile mancanza di ascolto emotivo: un’otite che si è poi ripetuta in più occasioni. Nel presente, così come nel passato, la pressione emotiva e l’incapacità di poter accedere al linguaggio delle emozioni, per Elena, si era tradotta in una significativa insonnia. Con la ricostruzione anamnestica, che va oltre la mera raccolta di dati biografici, si apre un profondo lavoro di riconnessione che, come l’Ecobiopsicologia insegna, intreccia in modo coerente gli aspetti del Sé psicosomatico, affinché il paziente riprenda contatto con la propria storia. L’anima della donna portava il peso di ferite lontane e solo poche domande orientate alla comprensione del sintomo hanno fatto emergere memorie traumatiche alle quali era forse arrivato il momento di offrire una decorosa sepoltura e compiere il meritato passaggio alla rinascita.
Attraverso l’immaginario evocato nel campo, la terapeuta ha potuto riconnettere e riconoscere con Elena il peso delle emozioni e degli sforzi che stava affrontando, legittimando la sua condizione e la risposta del suo corpo a questa tensione.
Con tale esperienza ci si è resi conto di quanto, nel vissuto collettivo, medici ed infermieri sono diventati curanti e pazienti al tempo stesso, nel corpo e nello spirito. L’uomo che cura è anzitutto un essere umano tanto quanto lo è il paziente, un uomo che porta con sé le proprie ferite e che è ben rappresentato dall’immagine archetipica del “Guaritore ferito”. Tale immagine mette in evidenza la costante connessione tra i due poli, quali l’impegno emotivo e il travaglio interiore, che può essere usata come chiave d’accesso alla vicenda umana dei propri pazienti, al fine di stimolare in loro l’utilizzo di risorse personali a favore della guarigione.
La vicenda personale della paziente, dipanatasi nel trauma collettivo dell’emergenza Covid e ad esso strettamente collegata, ha aperto inoltre, spunti di riflessione sulla dimensione della cura come esperienza di umana e reciproca “comprensione” consentendo, a chi svolge la professione di terapeuta, di contribuire alle vicissitudini di questi ultimi anni di pandemia uscendo dal senso di impotenza di chi cura “solo con le parole”.
>>> Leggi l’articolo completo qui pp. 60-65 <<<
AUTRICI: Dr.ssa Maria Andolina – Psicologa e Psicoterapeuta ANEB. Terapeuta presso Comunità Terapeutica per il trattamento delle Tossicodipendenze.
Dr.ssa Naike Michelon – Psicologa e Psicoterapeuta ANEB, Docente Responsabile dell’Insegnamento di Tecniche di terapia ecobiopsicologica presso la Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Istituto ANEB. Terapeuta EMDR
Abstract a cura di Dr.ssa Elisa Di Pierro – Psicologa e Psicoterapeuta ANEB. Terapeuta Practitioner EMDR. Cofondatrice e Terapeuta del Centro Integrato Psiche&Corpo a Varese. Collaboratrice della rivista MATERIA PRIMA.
References
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Immagine
Michelangelo Merisi da Caravaggio, Incredulità di San Tommaso, Potsdam, Bildergalerie, 1600-1601