Home Un porto sicuro: l’esperienza di un Medico di Medicina Generale

Un porto sicuro: l’esperienza di un Medico di Medicina Generale

Un porto sicuro: l’esperienza di un Medico di Medicina Generale
di Giada Scifo

abstract a cura di Elisa Di Pierro

L’articolo propone una riflessione sull'impatto che la pandemia Covid-19 ha avuto nella relazione medico-paziente durante i primi mesi, approfondendo i vissuti dei sanitari che sono stati quasi investiti di un ruolo materno da parte dei loro assistiti. Ciò ha portato i pazienti ad aspettarsi, e a volte a pretendere, risposte immediate oltre i più adeguati "confini" della relazione di cura. Riflessione nata dall'esperienza della Dr.ssa Giada Scifo nel supporto ad un medico di base, giovane donna madre di due figlie che, dall'inizio dell’evento, si era trovata a farsi carico di una dimensione lavorativa che col tempo ha perso la giusta misura, finendo per invadere la dimensione personale in modo sempre più gravoso. Era giugno 2020 e le prime timide giornate di sole lasciavano il posto ai primi veri caldi estivi, coi momenti più duri della pandemia che sembravano essere ormai parte di un ricordo lontano. Non è stato così per Giulia, che dall’inizio non ha mai smesso un solo giorno di sentirsi in pericolo e al tempo stesso ha dovuto essere fonte di sicurezza per chi le stava intorno; medico di medicina generale di 40 anni che, come tutti i suoi colleghi, è stata per mesi il primo punto di riferimento per i pazienti, il primo porto sicuro al quale approdare, quello da cui partire quando la situazione si complicava. L’impossibilità di effettuare visite ambulatoriali e le difficoltà connesse ai consulti domiciliari hanno inevitabilmente favorito la creazione di una comunicazione prevalentemente telefonica che, in breve tempo, ha trasceso i confini.
Quando la terapeuta incontra per la prima volta Giulia, il suo sguardo stanco e sofferente le racconta tutta la fatica e la paura dei mesi appena trascorsi, con l’incubo da cui non riesce a svegliarsi e che le permette di rivolgersi allo sportello di ascolto psicologico dell’Istituto ANEB. Sa di aver scelto lei stessa questo lavoro e non se ne è mai lamentata, ma da quando è esplosa l’emergenza Covid-19, tutte le certezze che negli anni è riuscita a conquistare sembrano vacillare. Piangendo, racconta dell’enorme carico di messaggi, mail e chiamate che tutti i giorni riceve dai pazienti, comprensibilmente confusi e spaventati, e dai loro familiari, arrivando a non distinguere più il proprio ruolo di medico da quello di donna e madre. Nella sua zona i contagi sono stati alti e molti dei suoi pazienti hanno contratto il virus in forma grave, arrivando persino a morire. Ogni giorno ha dovuto scegliere, fare i conti con le insicurezze e i dubbi circa il suo operato e, davanti a ciascuna perdita, ha pianto come si piange la perdita di un proprio caro. Quella di Giulia è una sincera e accorata dichiarazione di impotenza per l’incapacità di far fronte ai bisogni di ascolto, rassicurazione e contatto dei pazienti. In poco tempo lei e i suoi colleghi sono passati dall’essere chiamati eroi all’essere svalutati, divenendo oggetto di rabbia e contestazione, perché diventare un porto sicuro comporta anche questo.
Questo incontro richiama il mito di Chirone e l’archetipo del guaritore ferito, che nella narrazione mitologica sottolinea il paradosso di un guaritore, a sua volta ferito, che non può guarire sé stesso, sottolineando grandezza e limite di tutti coloro che svolgono una professione terapeutica. In questa nuova modalità di relazione medico-paziente, appare evidente come l’incontro con una soggettività malata, diventi un’occasione di incontro speculare con sé stessi, dove si scoprono il proprio limite e la propria mortalità. Non possiamo non tener conto, a questo proposito, che il virus attacca i polmoni, sede, secondo una lettura ecobiopsicologica, dello scambio e della relazione. Un piccolo microrganismo che ci ha costretti ad aumentare la distanza fisica e a ridurre la distanza emotiva. Cosa avvenuta anche nella relazione tra la terapeuta e Giulia, i cui incontri si sono svolti online e in cui la dottoressa è riuscita con grande fatica e grande coraggio ad esternare tutto il suo vissuto emotivo, concedendosi per la prima volta di affidarsi a qualcun altro; qui la distanza fisica non ha ostacolato la creazione di una relazione, che aveva come obiettivo principale una “decompressione emotiva”. L’immagine del guaritore ferito che impara a contattare la propria impotenza, le proprie stesse paure e ferite, ha permesso di tracciare un sottile filo immaginario che, nei diversi colloqui, ha legato con attenzione e delicatezza gli eventi esteriori della vita di Giulia con quelli che si stavano manifestando dentro di lei. Lo stesso vissuto è emerso anche nella relazione con il marito e con le figlie, verso i quali nutriva un senso di colpa per la poca disponibilità. Ciò che stava avvenendo in ambito professionale e familiare andava a rafforzare quell’immagine di inadeguatezza che Giulia portava da sempre dentro di sé. Il bisogno di “farsi piccola piccola” e il desiderio di fuga, corrispondevano al ricordo di un fatto avvenuto in adolescenza, quando si nascose per un intero pomeriggio dentro ad un armadio per non essere vista da nessuno, vivendo sempre il peso di un costante giudizio negativo. Chiamando lo sportello di ascolto Giulia è uscita da quell’armadio, mostrando il proprio bisogno e richiedendo le attenzioni di cui necessitava. Trovare dall’altra parte qualcuno pronto ad accogliere e a sintonizzarsi con le sue emozioni, le ha permesso di rileggere i vissuti emotivi legati alla pandemia riconnettendoli col suo sentire più antico, arrivando così ad una maggiore comprensione degli stessi e all’intenzione di intraprendere una psicoterapia.

>>> Leggi l’articolo completo qui pp. 74-77 <<<

AUTRICE: Giada Scifo – Psicologa e Psicoterapeuta ANEB e in formazione continua presso la Scuola di Supervisione dell’Istituto ANEB.

Abstract a cura di Dr.ssa Elisa Di Pierro – Psicologa e Psicoterapeuta ANEB. Terapeuta Practitioner EMDR. Cofondatrice e Terapeuta del Centro Integrato Psiche&Corpo a Varese. Collaboratrice della rivista MATERIA PRIMA.

References
Frigoli, D., (2007). Fondamenti di psicoterapia ecobiopsicologica. Roma: Armando Editore.
Frigoli, D., (2016). Il linguaggio dell’anima. Fondamenti di Ecobiopsicologia. Roma: Magi.
Gruppo di Lavoro Bioetica COVID-19, (2020). Il Medico di Medicina Generale e la pandemia di COVID-19: alcuni aspetti di etica e di organizzazione. Rapporto ISS COVID-19 n. 35/2020. Roma: Istituto Superiore di Sanità. www.iss.it. https://www.iss.it/documents/20126/0/Rapporto%2BISS%2BCOVID-19%2B35_2020%2B(1).pdf/b390efc6-724d-0809-c2db-b13372a874f5?t=1591019825929
Jung, C.G., (1977). Gli archetipi dell’inconscio collettivo. Torino: Bollati Boringhieri.

Immagine
Michelangelo Buonarroti, La pietà, Roma, Basilica di San Pietro, 1497-1499